Tale valutazione può risultare più difficoltosa rispetto a quella dei tradizionali fattori di pericolo (rischio elettrico, da rumore, da vibrazione, …) misurabili con strumenti standardizzati, poiché un evento stressante può avere ripercussioni differenti in base alla capacità del singolo individuo di reagire ad esso.
Per questo motivo, è opportuno adottare un modello di valutazione che si propone di fornire alle figure della sicurezza aziendale (datore di lavoro, RSPP, RLS, medico competente) il sostegno necessario per adempiere all’obbligo normativo, attraverso un percorso articolato principalmente in due fasi.
FASE 1: Valutazione oggettiva.
Questa prima fase si propone di analizzare gli indicatori oggettivi di rischio, con la finalità di “fotografare” la realtà organizzativa dell’azienda. Tali indicatori riguardano principalmente tre aree: 1) indicatori aziendali (indici infortunistici, assenze per malattia, turn-over del personale, procedimenti e sanzioni disciplinari, richieste di visite mediche straordinarie),
2) contenuto del lavoro (funzione e cultura organizzativa, ruolo nell’ambito dell’organizzazione, evoluzione e sviluppo di carriera, autonomia decisionale e controllo del lavoro, rapporti interpersonali, conciliazione vita – lavoro) e
3) contesto del lavoro (ambiente e attrezzature, pianificazione dei compiti, carichi e ritmi, orario di lavoro e turni).
A questo scopo possono essere utilizzati strumenti quali questionari, check-list e job analysis, che permettono l’identificazione del livello di rischio come basso, medio oppure alto, dove per basso si intende una situazione che non evidenzia la necessità di interventi di riduzione o di eliminazione dei fattori stressogeni.
FASE 2: Valutazione soggettiva.
La seconda fase deve essere effettuata quando dall’esame degli elementi oggettivi il livello di rischio non risulta basso. Si deve pertanto procedere nel coinvolgimento dei lavoratori, effettuando una stima della loro percezione dello stress.