L’art. 7 del D.L. n. 70/2011 (cd. Decreto sviluppo) regolamenta le semplificazioni in materia tributaria in favore delle imprese. In questo articolo prendiamo in esame alcune delle misure più rilveanti a favore delle imprese, ovvero quelle che riguardano la registrazione cumulativa delle fatture, la distruzione dei beni, lo spesometro e l’esonero dalla tenuta delle schede carburante. Vediamo il dettaglio.
REGISTRAZIONE CUMULATIVA DELLE FATTURE
In merito, il comma 1 e 6 del D.P.R. n. 695/96 aveva introdotto in favore dei soggetti IVA la possibilità di avvalersi della registrazione cumulativa delle fatture emesse e delle fatture di acquisto.
In altri termini, un soggetto IVA che riceve un numero consistente di fatture di acquisto o emette un elevato numero di fatture di importo non superiore a Euro 154,94, in luogo della singola fattura può registrare un documento da cui devono risultare i numeri delle fatture cui il documento si riferisce, l’ammontare complessivo delle operazioni imponibili e l’ammontare dell’IVA distinto a seconda dell’aliquota applicata.
Il novellato decreto sviluppo aumenta da Euro 154,94 a Euro 300 il limite entro cui potere registrare cumulativamente le fatture emesse e di acquisto ai sensi dei commi 1 e 6, dell’art. 6, D.P.R. n. 695/96. Si ricorda, altresì, che il decreto sviluppo, nell’aggiungere un nuovo comma al suddetto art. 6, estende alle operazioni che prevedono il meccanismo dell’inversione contabile la possibilità di cumularsi con le altre e di essere registrate, quindi, cumulativamente.
DISTRUZIONE DI BENI
L’art. 7 del decreto sviluppo, inoltre, in materia di presunzioni di cessione ai fini IVA, ha innalzato da Euro 5.165 a Euro 10.000 l’importo entro cui è ammesso il ricorso alla dichiarazione sostitutiva dell’atto di notorietà, di cui all’art. 47 del D.P.R. n. 445/2000 in luogo del verbale redatto da un pubblico ufficiale.
L’art. 53, comma 1, D.P.R. n. 633/72 (decreto IVA), così come disciplinato dal D.P.R. n. 441 /1997, infatti, stabilisce che si presumono ceduti i beni prodotti, acquistati o importati che non si trovano nei luoghi nei quali il contribuente esercita la propria attività. Secondo il suddetto decreto IVA, per luoghi devono intendersi sedi, filiali, succursali, dipendenze, stabilimenti, negozi, depositi e mezzi di trasporto che si trovino nella disponibilità dell’impresa. La disponibilità dei luoghi nei quali è svolta l’attività deve risultare da:
- dichiarazione di inizio o di variazione di attività inviata all’Agenzia delle Entrate in data antecedente il trasferimento dei beni oggetto di presunzione;
- iscrizione nel Registro delle Imprese;
- altro documento fiscale purché vi sia contestuale annotazione nel registro di cui all’art. 39 del D.P.R. n. 633/72.
La presunzione di cui sopra non opera, tuttavia, se si è provveduto alla loro distruzione. Tale presunzione è, infatti, superata mediante:
- comunicazione scritta da far pervenire all’Agenzia delle Entrate e al Comando della Guardia di Finanza competenti. Tale comunicazione deve contenere il luogo, la data e l’ora, la natura, la qualità e la quantità dei beni che si intende distruggere;
- redazione del verbale compilato dai funzionari dell’AdE, da parte della GdF, o dal notaio che hanno presenziato alle operazioni di distruzione;
- documento di trasporto relativo ai beni che risultano dalla distruzione;
Nel caso di distruzione involontaria di beni, la perdita per eventi fortuiti, accidentali o comunque involontari può essere provata con dichiarazione sostitutiva di atto notorio reso entro 30 giorni contenente la natura, l’elencazione dei beni perduti valorizzati al costo di acquisto.
Sulla base del disposto dell’art. 7 del D.L. n. 70/2011, pertanto, nel caso di perdita o distruzione involontaria di beni, o nel caso in cui tali beni siano distrutti in seguito a una precisa volontà dell’impresa, l’attestazione di distruzione mediante atto notorio rileva ai fini fiscali per i beni perduti o distrutti se di importo non superiore a 10 mila euro anziché a 5.165 euro.
SPESOMETRO
Come noto, in base al disposto dell’art. 21 del D.L. n. 78/2010, le operazioni rilevanti ai fini dell’IVA, se di importo non inferiore a Euro 3.000, devono essere comunicati all’Agenzia delle Entrate. Il provvedimento attuativo emanato dal direttore dell’Agenzia delle Entrate aveva stabilito che erano soggette alla suddetta comunicazione tutte le operazioni rilevanti ai fini dell’IVA salvo che ne fosse espressamente prevista l’esclusione. Tra queste ultime sono ricomprese:
- le importazioni;
- le esportazioni di cui all’art. 8, comma 1, lettere a) e b) del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633;
- le cessioni di beni e le prestazioni di servizi effettuate e ricevute, registrate o soggette a registrazione, nei confronti di operatori economici aventi sede, residenza o domicilio in Paesi cosiddetti black list di cui al decreto del Ministro delle finanze in data 4 maggio 1999, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana n. 107 del 10 maggio 1999 e al decreto del Ministro dell’economia e delle finanze 21 novembre 2001, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana n. 273 del 23 novembre 2001;
- le operazioni che hanno costituito oggetto di comunicazione all’Anagrafe tributaria, ai sensi dell’art. 7 del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 605.
Con riferimento a quest’ultimo punto, nelle ultime settimane si era posto il dubbio se fosse opportuno limitare l’invio delle comunicazioni di cui al suddetto art. 21 per le sole operazioni che rimanevano escluse dalla tracciabilità dei movimenti finanziari. Al riguardo, l’art. 7 del D.L. n. 70/2011 ha modificato il suddetto art. 21 del D.L. n. 78/2010. In pratica, a seguito del novellato decreto, qualora il relativo pagamento avvenga a mezzo carte di credito, di debito o carte prepagate, le operazioni effettuate nei confronti dei soggetti non passivi IVA, a prescindere dal fatto che siano documentate o meno da fatture, sono escluse dalla suddetta comunicazione prevista dall’art. 21 del D.L. n. 78/2010. Si ricorda, però, che tra le operazioni escluse dal predetto obbligo non sono ricomprese sia quelle effettuate tra soggetti IVA, sia quelle effettuate con altri mezzi di pagamento ancorché non effettuate per contanti (bonifico bancario, assegno bancario o circolare, etc.). Ne deriva che le operazioni cosiddette business to business, effettuate quindi tra soggetti passivi IVA, indipendentemente dalle modalità con cui vengono pagate, se di importo superiore a Euro 3.000, dovranno essere comunicate all’Amministrazione finanziaria.
ESONERO DALLA TENUTA DELLA SCHEDA CARBURANTI
Un’ulteriore semplificazione dettata dall’art. 7 del decreto sviluppo è data dalla soppressione della disciplina che detta l’obbligo di tenuta della scheda carburanti. Invero, tale semplificazione è relativa ai soli soggetti che, essendo obbligati alla tenuta della scheda carburanti, effettuano tale acquisto mediante carta di credito o carta di debito.
Rispetto al tema in esame, tuttavia, preme sottolineare che non sono chiare le modalità (alternative alla scheda carburanti) con le quali si potranno dedurre i costi e, soprattutto, detrarre l’IVA. Inoltre, si osserva che in base alla presente disposizione non sarà più possibile l’univoca attribuzione del rifornimento effettuato rispetto al bene oggetto dell’attività d’impresa o di arte e professione. Al riguardo, però, la relazione illustrativa al presente decreto stabilisce che tale semplificazione permetterà di identificare con certezza il soggetto che effettua il rifornimento e l’ammontare dello stesso.
Si precisa, infine, che della presente novità legislativa non potranno beneficiare coloro che, nonostante si riforniscono presso i distributori stradali, effettuino i loro acquisti al di fuori dell’ambito di applicazione della disciplina che regola la messa in uso della scheda carburanti. Tali soggetti, pertanto, continueranno a ricevere la fattura dalla compagnia petrolifera secondo le modalità in vigore anche prima dell’approvazione del decreto sviluppo.