La Circolare dell’Agenzia delle Entrate n. 21/E del 18 maggio scorso mette sull’avviso i Professionisti, prevedendo per gli accertamenti che, come già indicando in precedenza nelle Circolari 13/E del 2009 e 20/E del 2010. “una quota crescente – rispetto alle annualità precedenti – deve essere riservata al comparto degli esercenti arti e professioni, privilegiando – ricorrendone i presupposti – le indagini finanziarie quale modalità istruttoria e utilizzando, per la selezione delle posizioni a maggior rischio, anche gli elenchi d’ausilio forniti centralmente”.
Per quanto riguarda gli specifici indirizzi operativi che le amministrazioni periferiche dell’Amministrazione Finanziaria dovranno seguire nell’ambito della prevenzione e contrasto dell’evasione per il periodo d’imposta 2011, dalla Circolare n. 21/E del 18 maggio 2011 non sono emerse significative novità rispetto al 2010. Tali linee, infatti, restano vincolate all’ottimale impiego delle risorse allocate nelle diverse attività e nei processi dell’area di prevenzione e contrasto all’evasione, che, al solito, si esplicano su molti fronti, dalle attività istruttorie esterne nei confronti di grandi contribuenti, imprese medie, piccole imprese, lavoratori autonomi ed enti non commerciali agli accessi brevi per dare riscontro agli studi di settore, dai controlli formali agli accertamenti sintetici etc.
Il punto sensibile sono qui le attività finanziarie, e, in particolare, versamenti e prelevamenti presso gli Istituti bancari.
Le indagini finanziarie sono autorizzate dalla competente Direzione Regionale dell’Agenzia delle Entrate o dal Comando della Guardia di Finanza e possono essere eseguite nel corso di un controllo fiscale. I verificatori hanno facoltà di domandare informazioni sulla destinazione dei prelevamenti e sull’avvenuta tassazione dei versamenti.
Ai fini di cui sopra, sul contribuente grava l’onere di provare la liceità delle somme prelevate dal conto corrente; limitatamente a tali importi, infatti, egli dovrà difendersi indicando i destinatari di detti prelevamenti, sempre che gli stessi non siano stati spesi con movimenti presenti nelle scritture contabili. Per quanto riguarda i versamenti, inoltre, il contribuente deve dimostrare di averne tenuto conto nella determinazione del reddito, oppure che si tratti di somme esenti.
Nonostante i dubbi applicativi di tale norma nei confronti del professionista, la difesa alle contestazioni mosse dall’Amministrazione finanziaria circa i predetti prelevamenti non appare agevole.
Un’ulteriore strada percorribile è quella di indicare quale beneficiario delle somme, lo stesso soggetto che ha prelevato. Sotto questo profilo, tuttavia, l’ufficio ha, astrattamente, più possibilità di scelta.
Da un lato, l’ufficio può accettare l’indicazione e non rettificare il reddito oppure ritenere che la somma prelevata sia esorbitante le sue necessità. Ancora, potrebbe presumere che tutti i prelevamenti siano destinati a pagamenti “in nero”. Con riferimento a quest’ultima ipotesi, tuttavia, le presunzioni in esame devono essere ricondotte a razionalità dall’interprete e non possono essere applicate “automaticamente” quali parametri di misurazione del reddito. In altri termini, solo a fronte di numerose e consistenti movimentazioni bancarie non in linea con il tenore di vita del contribuente si potrà sostenere l’evasione. La presunzione, pertanto, non deve operare “automaticamente” e l’ufficio deve tenere conto anche dei criteri di ragionevolezza indicati, a tal fine, dalla Corte Costituzionale.