Cedolare secca: la tassa è piatta, le sanzioni sono severe. A partire dal 7 giugno 2011, in caso di registrazione tardiva di un contratto di locazione, accanto alle sanzioni tributarie (che possono raddoppiare), sono previste una serie di sanzioni di natura civilistica.
La disciplina in esame è contenuta nei commi 8, 9 e 10 dell’art. 3 del D. lgs. 23/2011 e prevede che in caso di contratti di locazione non registrati nel termine di legge, laddove gli stessi contratti vengano acquisiti d’ufficio oppure vengano registrati su iniziativa di una parte interessata, trovano applicazioni le seguenti conseguenze:
1. la durata del contratto è stabilita in quattro anni a partire dalla data della registrazione;
2. ai primi quattro anni si aggiungono altri quattro anni di rinnovo automatico;
3. a decorrere dalla data di registrazione, l’entità del canone è rideterminato in misura pari al triplo della rendita catastale (di fatto circa un decimo del valore di mercato)
Per evitare le sanzioni indicate, i locatori avrebbero dovuto provvedere a registrare i “contratti in nero in corso” entro il 6 giugno.
La disposizione in esame collega le misure afflittive alla mancata registrazione del contratto nei termini stabiliti dalla legge. Presa alla lettera la norma troverebbe applicazione ogniqualvolta la registrazione avvenga oltre il termine di trenta giorni. Ne deriva, ad esempio, che se il locatore per mera dimenticanza provvedesse all’adempimento della registrazione al trentunesimo giorno, lo stesso si troverebbe con le pesanti conseguenze in esame. Una simile interpretazione appare irragionevole. Una lettura meno draconiana dovrebbe rendere possibile la regolarizzazione del ritardo, a tutti gli effetti, con il ravvedimento. Per il locatore questo significherebbe avere un anno di tempo a disposizione per provvedere all’adempimento.
È anche il caso di sottolineare che le medesime conseguenze sono applicabili in caso di:
- stipulazione di un contratto a canone inferiore rispetto a quello effettivo;
- registrazione di contratti di comodati fittizi.
Le conseguenze della mancata e/o errata registrazione del contratto avvantaggiano l’inquilino, che a questo punto, in quanto diretto interessato, assume il ruolo di vigile controllore della legalità.
La circolare 26/E del 1 giugno dell’Agenzia delle Entrate sulla cedolare secca dedica alcune precisazioni. Uno dei chiarimenti riguarda le modalità con cui l’inquilino può denunciare le reali pattuizioni contrattuali. Secondo l’Agenzia non è necessario che si presentino documenti o contratti scritti. È sufficiente infatti anche la denuncia verbale, attraverso la compilazione del modello 69. Questa precisazione suscita perplessità. L’atto di accertamento per omessa registrazione del contratto è impugnabile dal locatore davanti alla commissione tributaria. Le regole del processo tributario prevedono l’inammissibilità della prova testimoniale con la conseguenza che il processo si basa essenzialmente su atti documentali. Allora, se la verifica dell’ufficio dovesse fondarsi esclusivamente sulla denuncia verbale del conduttore, la stessa potrebbe essere considerata insufficiente dal giudice. Le cose cambiano se la denuncia verbale fosse accompagnata, ad esempio, dalla documentazione delle utenze relative all’immobile. Va inoltre evidenziato come i rapporti tra proprietario e conduttore potrebbero essere esaminati anche dal giudice ordinario. In tale eventualità la coesistenza di un procedimento tributario e di un processo ordinario potrebbe portare a sentenze divergenti con conseguenze di difficile decifrazione.
Un consiglio al conduttore. Nel rapporto locatizio il pagamento del canone costituisce la principale obbligazione del conduttore il quale non può esonerarsi unilateralmente dal corrisponderlo neppure nel caso in cui esso sia superiore a quello dovuto per legge. La semplice autoriduzione del canone costituisce una decisione illegittima che, ove posta in essere, comporta una stravolgimento dell’equilibrio contrattuale con conseguenze sfavorevoli per il conduttore. È opportuno, quindi, attendere la decisione del giudice che avrà il compito di accertare i fatti. Nelle more non è consigliabile procedere all’autoriduzione.
Infine, per tentare di giungere ad un amichevole componimento, ancor prima di chiedere l’intervento del giudice ordinario, è possibile esperire la procedura di mediazione obbligatoria di cui al D. lgs. 28/2010.