Il quadro delle norme che disciplinano il regime dei minimi, introdotto a decorrere dal periodo d’imposta 2008 dai commi da 96 a 117, articolo 1, legge n. 244/2007, è stato ridisegnato dall’ art. 27 del D.L. n. 98/2011, modificato dalla legge n. 111/2011, cd. Manovra correttiva.
In particolare, è stata operata una stretta ai requisiti per l’accesso al regime agevolativo, e introdotto il nuovo vincolo che prevede, per gli imprenditori o lavoratori autonomi, di non aver mai avviato un’attività nei tre anni precedenti ovvero di averla esercitata al solo fine di maturare il periodo di pratica necessaria ai fini dell’esercizio di arti o professioni.
Inoltre, per effetto della modica apportata dalla legge di conversione, è possibile per il contribuente beneficiare del regime dei minimi limitatamente al periodo d’imposta nel corso del quale la persona fisica ha compiuto trentacinque anni.
IL PROBLEMA DEGLI EX MINIMI
Il comma 3 del D.L. n. 98/2011 si preoccupa, altresì, delle sorti delle persone fisiche che continuano a rispettare i principi fissati per accedere al regime agevolato dei contribuenti minimi secondo le disposizioni di cui alla legge n. 244/2007. In particolare, afferma che nei confronti di tali soggetti, restano fermi gli obblighi di conservazione dei documenti ricevuti ed emessi, ma sono “esonerati dagli obblighi di registrazione e di tenuta delle scritture contabili, rilevanti ai fini delle imposte dirette e dell’imposta sul valore aggiunto, nonché dalle liquidazioni e dai versamenti periodici rilevanti ai fini dell’IVA previsti dal decreto del Presidente della Repubblica 23 marzo 1998, n. 100. I soggetti di cui al periodo precedente sono altresì esenti dall’imposta regionale sulle attività produttive di cui al decreto legislativo 15 dicembre 1997, n. 446”.
In pratica, secondo il testo novellato, i cosiddetti “ex minimi” continueranno a beneficiare dell’esonero:
- dalla registrazione e dalla tenuta delle scritture contabili;
- dalle liquidazione e dai versamenti periodici dell’IVA;
- dall’IRAP.
Tuttavia, a decorrere dal 1° gennaio 2012, i contribuenti che non rispetteranno i requisiti ulteriormente introdotti dalla manovra correttiva dovranno necessariamente fuoriuscire dal regime agevolato in esame e tenere conto delle ordinarie regole di tassazione. Ne deriva che gli ex minimi dovranno assoggettare le operazioni effettuate all’IVA e versare le imposte sul reddito secondo le disposizioni ordinarie previste dal TUIR.
E COSA DIRE SUGLI STUDI DI SETTORE?
Le disposizioni introdotte dal D.L. n. 98/2011 affermano che “a partire al 1° gennaio 2012, il regime di cui all’articolo 1, commi da 96 a 117, della legge 24 dicembre 2007, si applica” solo alle persone fisiche che rispetteranno i suddetti nuovi requisiti necessari per l’accesso o la permanenza nel regime agevolato dei contribuenti minimi. Poiché il comma 113 dell’art. 1 della legge n. 244/2007 che prevede che “I contribuenti minimi sono esclusi dall’applicazione degli studi di settore di cui all’articolo 62-bis del decreto-legge 30 agosto 1993, n. 331, convertito, con modificazioni, dalla legge 29 ottobre 1993, n. 427” si applica solo a tali soggetti, ne deriva che, stante il tenore letterale della novella legislativa, gli ex minimi saranno soggetti alle norme sugli studi di settore.
Ma è proprio da qui che iniziano i dubbi circa l’assoggettamento dei soggetti ex minimi alle norme sugli studi di settore.
In generale, non è chiaro, ad esempio, per quale motivo lo stesso soggetto fosse prima stato esentato dall’applicazione degli studi di settore, vista la ridottissima condizione organizzativa ed economica, mentre adesso, nonostante tali condizioni non siano variate, gli studi di settore si rendono nuovamente applicabili.
Inoltre, in base alle precisazioni dell’Amministrazione Finanziaria, i soggetti ex minimi possono essere ugualmente non assoggettati agli studi di settore se si avvalgono delle disposizioni previste per la cosiddetta marginalità economica.
L’Agenzia delle Entrate, in merito, ha predisposto un elenco, aperto e integrabile, delle cause che giustificano l’eventuale non congruità dei ricavi o dei compensi dichiarati rispetto alle risultanze degli studi di settore. Tale elenco, peraltro, fornisce descrizioni sintetiche di circostanze delineate nelle circolari n. 31/E del 22 maggio 2007 e n. 38/E del 12 giugno 2007, sebbene si preoccupi di dettagliare alcune specifiche fattispecie. Al riguardo, l’Amministrazione Finanziaria ha precisato che, nell’ambito delle giustificazioni sopra ricordate, è possibile far valere, ad esempio, la marginalità economica dell’attività svolta con riguardo, in particolare:
- alle ridotte dimensioni della struttura;
- all’assenza di personale dipendente e di collaboratori;
- allo scarso potere contrattuale nei confronti di imprese committenti;
- alla ridotta articolazione del processo produttivo.
In pratica, le ridotte dimensioni, l’assenza di personale, etc. corrispondono alle caratteristiche dei soggetti minimi che, per l’appunto, esercitando un’attività del tutto marginale erano stati esentati dalla comunicazione dei dati rilevanti ai fini dell’applicazione degli studi di settore.
L’Amministrazione Finanziaria, con la circolare n. 31/E innanzi ricordata, infatti, si è affrettata a precisare che l’impresa che versi nelle condizioni sopra elencate può evidenziare le cause di esclusione innanzi citate nel campo “Annotazioni” del modello di comunicazione dei dati rilevanti ai fini degli studi di settore.
Sotto il profilo accertativo, la condizione di marginalità economica costituisce causa giustificativa di non congruità dei ricavi o dei compensi dichiarati rispetto alle risultanze degli studi di settore e, nonostante il legislatore abbia ricompreso gli ex minimi tra i soggetti per i quali si applicano gli studi di settore, le precisazioni dell’Amministrazione Finanziaria inducono a ritenere percorribile la strada che esclude l’applicabilità degli studi nei confronti di quei soggetti che per organizzazione e, in generale, per struttura esercitano l’attività in condizioni di marginalità economica.