IVA dal 20% al 21%: sanzioni e note di variazione

Dallo scorso 17 settembre è entrata in vigore l’aliquota IVA al 21%, in luogo della vecchia aliquota del 20%. In questo articolo vediamo come apportare eventuali variazioni alle fatture e le sanzioni previste per gli errori.

Per la correzione di fatture relative a cessioni di beni o a prestazioni di servizi erroneamente emesse con l’aliquota errata va emessa una nota di variazione per l’addebito della sola maggiore imposta.

Di regola quindi sarà il soggetto che emette la fattura a provvedere all’emissione della nota di variazione.

Nel caso ciò non avvenga, l’adempimento può essere effettuato dal cessionario che, per evitare l’applicazione delle sanzioni, entro 30 giorni dalla data di registrazione della fattura nel registro degli acquisti provvede al versamento della differenza IVA dovuta con modello F24 – codice tributo 9399 – e all’emissione dell’autofattura per pari importo in duplice copia, da consegnare agli Uffici dell’Agenzia delle Entrate.

Se la variazione in aumento si verifica successivamente all’emissione della fattura, la nota emessa ad integrazione deve essere numerata progressivamente e registrata nel registro delle fatture emesse; il committente o l’acquirente, quando la riceve, la registra nel registro degli acquisti con le stesse modalità e negli stessi termini previsti per le altre fatture d’acquisto.

Se invece la variazione in aumento si verifica prima che la fattura sia stata emessa, come specificato nella Circolare Ministeriale 28/502890 del 1975, la stessa può essere sostituita dalla fattura regolare.

Nel caso in cui la variazione si riferisca a un’operazione che non è soggetta all’obbligo di fatturazione (es. cessione al dettaglio), è sufficiente annotare la stessa nel registro dei corrispettivi.

Quando la fattura integrativa è emessa entro i termini previsti sia per la fatturazione che per la liquidazione periodica dell’imposta non vengono applicate sanzioni.

Nel caso invece in cui l’integrazione avvenga successivamente ai termini sopra descritti, al soggetto obbligato all’emissione della fattura vengono applicate le sanzioni previste dall’art.6 c.1-5 del D.Lgs. 471/97, così come specificato nella Circolare Ministeriale 23/E/99 e cioè dal 100% al 200% dell’imposta, con un minimo di euro 516,00. Si ricorda che se la violazione non rileva ai fini della determinazione del reddito, essa dovrebbe risultare impunibile.

Tuttavia, è prevista l’applicazione di sanzioni con un minimo di euro 258,00 anche verso il soggetto che acquista beni o servizi senza l’emissione della fattura o con emissione irregolare della stessa, sempreché non abbia provveduto alla regolarizzazione dell’operazione con le modalità di cui sopra.

Per ultimo, va ricordato che con la Risoluzione Ministeriale 530121/92 è stato affermato che l’emissione della fattura, ancorché tardiva, da parte del cedente esula dalla responsabilità dell’acquirente che non regolarizza l’operazione entro 5 mesi.