Arma fondamentale, nella lotta al riciclaggio e al finanziamento del terrorismo, è imporre che gli scambi finanziari vengano canalizzati; passino cioè attraverso enti creditizi e finanziari, in modo da lasciare traccia nei loro archivi e permettere, quindi, alle Autorità inquirenti di consultarli ai fini delle indagini.
In tal senso il legislatore è intervenuto drasticamente sia a livello comunitario che a livello nazionale, prevedendo fin dal 1991, limiti quantitativi alle transazioni con moneta cartacea.
Se si tiene presente che le persone che abitualmente riciclano denaro sporco fondano la riuscita del “lavaggio” delle ricchezze di origine illecita proprio sulla utilizzabilità di strumenti poco tracciabili – e il denaro contante lo è per antonomasia – non si poteva che scegliere di frapporre le prime barriere antiriciclaggio proprio in questo segmento dell’intermediazione finanziaria.
Si è dunque imposto a tutti i cittadini di non utilizzare il contante per il compimento di atti di acquisto in operazioni commerciali o finanziarie in genere, se non fino a soglie determinate.
È di tutta evidenza che ai cittadini è riconosciuta la facoltà di utilizzo del danaro contante ma sempre e comunque nei limiti imposti dalla regolamentazione contro il riciclaggio.
Entro questi limiti, che esamineremo nel prosieguo della presente trattazione, non sussiste divieto alcuno di pagare in contanti. A contrariis, al di sopra dei limiti previsti dalla normativa, il pagamento è possibile purché avvenga tramite assegni non trasferibili, bonifici, ogni altro strumento che risulti tracciabile (e tracciato) presso gli intermediari finanziari.
Da ciò discende la piena libertà di ciascuno di depositare o prelevare presso le banche e le Poste, nonché – secondo quanto previsto dall’art. 49 del D.Lgs. n. 231/07 – presso gli istituti di moneta elettronica, qualsiasi somma di denaro contante, senza incorrere in sanzioni amministrative.
Sostanzialmente le norme contro il riciclaggio non tolgono la libertà dell’utilizzo del proprio denaro per la costituzione di provviste su conti correnti o per eseguire versamenti a qualsiasi titolo presso gli intermediari.
Paradossalmente si può entrare nel proprio istituto di credito con grandi valigie di denaro contante, senza che ciò costituisca comportamento vietato.
La violazione delle norme sul contante potrà essere contestata anche quando l’importo per il quale vige il divieto viene trasferito con più operazioni.
La “contestazione”, e relativo verbale, nell’ipotesi di acclarata violazione delle norme sull’uso del contante può essere fatta dalla Guardia di Finanza oppure dall’UIF, l’Unità di Informazione Finanziaria.
Le sanzioni verranno comminate dal Ministero dell’Economia e delle Finanze, attraverso la Commissione per le infrazioni valutarie.
I soggetti sanzionati non sono però solo i clienti degli intermediari finanziari o dei professionisti, bensì anche coloro che hanno consentito il trasferimento senza accorgersene, ovvero senza comunicarlo al ministero dell’Economia.
Quindi, se davanti a un libero professionista si effettuasse un passaggio a un altro soggetto di contanti in misura pari o superiore al limite soglia, il professionista ha l’obbligo di effettuare (entro 30 giorni) la comunicazione di questo evento al Ministero dell’Economia.
Con un provvedimento approvato in via d’urgenza il 13 agosto 2011, il Governo italiano ha ulteriormente modificato il limite di legge previsto dall’art. 49 del D. Lgs. 231/2007 in tema di lotta al riciclaggio, al di sopra del quale è vietato il trasferimento di contanti. Il nuovo limite imposto alla transazione, anche frazionata, è di Euro 2.500. Già nel 2010 il legislatore aveva ridotto la soglia del divieto da 12.500 a 5.000 euro.
Pertanto, a partire dal 13 agosto 2011 è vietato il trasferimento di:
- denaro contante;
- libretti di deposito bancari o postali al portatore;
- titoli al portatore
in euro o in valuta estera, effettuato a qualsiasi titolo tra soggetti diversi quando il valore oggetto di trasferimento, è complessivamente pari o superiore a Euro 2.500. Il trasferimento è vietato anche quando è effettuato con più pagamenti inferiori alla soglia che appaiono artificiosamente frazionati. Il trasferimento può tuttavia essere eseguito per il tramite di banche, istituti di moneta elettronica e Poste Italiane S.p.A.
Inoltre, a decorrere da tale data devono recare la clausola di non trasferibilità, oltre l’indicazione del nome o della ragione sociale del beneficiario, tutti gli assegni bancari, postali e circolari d’importo pari o superiori a Euro 2.500.
Per quanto concerne la possibilità per il cliente di richiedere per iscritto il rilascio, in forma libera, di assegni circolari e di moduli di assegni bancari, da utilizzarsi in detta forma libera, il limite di importo entro cui possono essere richiesti tali assegni è ora di Euro 2.500 (vale a dire fino a Euro 2.499,99), e il loro trasferimento mediante girata non è più subordinato all’apposizione del codice fiscale del girante a pena di nullità della girata.
Gli assegni bancari e postali, emessi all’ordine del traente (c.d. assegni a “me medesimo” o “mio proprio”) possono essere girati unicamente per l’incasso a una banca o a Poste Italiane S.p.A., e ciò a prescindere dall’importo recato dagli stessi.
Da pari data il saldo dei libretti di deposito bancari o postali al portatore dovrà essere inferiore alla nuova soglia dei Euro 2.500.
Per quanto concerne i libretti di deposito bancari o postali al portatore con saldo pari o superiore a Euro 2.500, gli stessi dovranno essere estinti dal portatore ovvero il loro saldo dovrà essere ridotto ad una somma inferiore al predetto importo, entro il 30 settembre 2011.
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