La collera dell’Agenzia delle Entrate offre a Equitalia un’arma micidiale da tirare addosso ai contribuenti: l’accertamento esecutivo o impoesattivo, che riunisce in un solo atto i contenuti della pretesa erariale e allo stesso tempo intima al pagamento delle somme dovute. La garanzia del “diritto alla difesa” viene sacrificato nel nome degli obiettivi di bilancio da raggiungere. Si paga prima a prescindere che si abbia torto o ragione.
Ci siamo! Dopo un rinvio estivo e tre rivisitazioni in altrettanti decreti, l’art. 29, comma 1, D.L. n. 78/2010 che disciplina l’accertamento esecutivo (denominato anche accertamento impoesattivo) diventa operativo. Con l’obiettivo di velocizzare la riscossione, dal 1° ottobre l’avviso di accertamento emesso dall’Amministrazione Finanziaria in materia di imposte sui redditi, IVA, IRAP, unitamente ai provvedimenti di irrogazione delle sanzioni, diventa titolo esecutivo decorsi sessanta giorni dalla notifica al contribuente.
La caratteristica essenziale della nuova procedura è da ricercare nella riunione in una unica fase dell’atto di accertamento e di esecuzione. L’atto di accertamento assorbe anche i contenuti della iscrizione a ruolo e della cartella di pagamento diventando così titolo di debito e atto di precetto.
Per effetto della nuova disciplina, gli atti emessi dall’Agenzia delle Entrate dovranno contenere a pena di nullità:
- l’intimazione ad adempiere entro il termine di presentazione del ricorso (entro 60 giorni);
- l’obbligo di pagamento degli importi previsti a titolo provvisorio in caso di proposizione del ricorso;
- l’indicazione dell’imponibile accertato, la specificazione delle aliquote e relative imposte, i motivi giuridici a fondamento dell’atto.
Per espressa previsione normativa, l’intimazione ad adempiere al pagamento sarà contenuta anche nei successivi atti da notificare al contribuente, in tutti i casi in cui siano rideterminati gli importi dovuti in base agli avvisi di accertamento.
In caso di mancato pagamento, l’Agenzia delle Entrate affiderà ad Equitalia la posizione del contribuente per l’avvio della procedura di esecuzione forzata.
Analizziamo ora le alternative possibili per il contribuente che riceve un avviso di accertamento esecutivo.
CASO 1. Il contribuente decide di non presentare ricorso e di non pagare le somme accertate: in tal caso l`accertamento diviene esecutivo dopo il 60º giorno successivo alla notifica.
Decorsi ulteriori 30 giorni (per complessivi 90 giorni), le somme accertate con l`avviso di accertamento vengono affidate al concessionario della riscossione per il recupero coattivo.
CASO 2. Il contribuente decide di prestare acquiescenza e di pagare quanto accertato: sarà possibile effettuare il versamento entro 60 giorni dalla notifica dell’atto usufruendo della riduzione delle sanzioni a un terzo.
CASO 3. Il contribuente decide di ricorrere in Commissione Tributaria Provinciale avverso l`avviso di accertamento: si procede con il versamento di un terzo delle somme accertate e degli interessi entro i 60 giorni successivi alla notifica, sempre che il contribuente non riesca ad ottenere dal giudice la sospensione della riscossione fino all`emanazione della sentenza di primo grado.
Il mancato pagamento di quanto dovuto a titolo provvisorio (e in mancanza di sospensiva) comporta l’intervento di Equitalia per riscuotere il dovuto.
CASO 4. il contribuente propone istanza di accertamento con adesione: si potrà godere della sospensione dei termini per proporre ricorso nei 90 giorni successivi alla notifica all`ufficio.
In tal caso, pur in mancanza di espresse norme di legge, si ritiene che, in pendenza dei 90 giorni di sospensione, sia altresì sospeso il termine per l`esecuzione coattiva. Sul punto si attendono precisazioni da parte dell`Agenzia delle Entrate.
Il decreto sviluppo, tuttavia, ha introdotto una sospensione “automatica” dell’esecuzione forzata per 180 giorni a seguito della scadenza dei 90 giorni.
Gli effetti esecutivi dell`avviso di accertamento, quindi, rimangono sospesi per almeno 270 giorni dalla notifica. Al riguardo, va sottolineato che l’esattore potrà avviare immediatamente l’esecuzione forzata per l’intero importo in presenza di fondato pericolo per il positivo esito della riscossione senza attendere gli ulteriori 30 giorni previsti in via ordinaria. Ovviamente, dovranno essere indicate le motivazioni alla base del fondato pericolo.
Restano esclusi dalla nuova procedura:
- gli atti emanati in base all’art. 37-bis del D.P.R. n. 600/1973;
- gli atti di contestazione delle sanzioni in quanto non si ricollegano al tributo;
- l’accertamento con adesione non preceduto dall’atto di accertamento;
- i contributi previdenziali ed assistenziali;
- la materia delle accise e quella doganale.
Per i relativi atti impositivi, pertanto, continuerà a trovare applicazione la previgente disciplina che resta in vigore anche con riferimento ai tributi locali tra i quali si segnala, a titolo di esempio, l’ICI.
“I contribuenti in buona fede non avranno nulla da temere” rassicurano gli alti dirigenti dell’Agenzia delle Entrate e di Equitalia. Sarà proprio così?