La Riformadel Mercato del Lavoro (la ormai nota Legge “Fornero” n. 92/20112), tra i numerosi interventi di cui si è resa autrice, ha inciso anche sulla disciplina delle “associazioni in partecipazione” (con apporto dell’associato costituito anche o solo da prestazione di lavoro), con particolare riferimento a:
- effettività della partecipazione dell’associato agli utili dell’impresa o dell’affare, e consegna del rendiconto previsto dall’art. 2552 del codice civile (art. 1, comma 30) – associazione con apporto di lavoro;
- numero degli associati che possono essere impegnati in una medesima attività (art. 1, comma 28) – associazione con apporto anche di lavoro.
Vediamo qui di seguito in che modo tali modifiche vanno ad integrarsi nella disciplina del contratto di associazione in partecipazione, proponendo in primo luogo un inquadramento dell’istituto, per poi definire i profili su cui incidono tali citati interventi.
Cos’è il contratto di associazione in partecipazione?
Il codice civile (art. 2549, comma 1) definisce il contratto di associazione in partecipazione come il contratto attraverso il quale “l’associante attribuisce all’associato una partecipazione agli utili della sua impresa o di uno o più affari verso il corrispettivo di un determinato apporto”.
Gli elementi principalmente caratterizzanti tale contratto sono individuabili ne:
- l’apporto dell’associato;
- la partecipazione dell’associato agli utili di impresa.
Apporto dell’associato
Con riferimento al primo elemento, esso:
- deve consistere in un conferimento strumentale, o comunque funzionale all’esercizio dell’impresa o allo svolgimento dell’affare specifico;
- può consistere nel conferimento di un qualsiasi bene suscettibile di una valutazione economica, potendo pertanto trattarsi anche di somma di denaro, o di prestazione lavorativa (ed è con particolare riguardo a questa ultima fattispecie che gli interventi della Riforma si sono concentrati).
Partecipazione agli utili, consegna del rendiconto, presunzione di rapporto di lavoro subordinato.
Per quanto riguarda il secondo elemento caratterizzante il contratto in discorso, come anticipato l’associato ha diritto, quale “contropartita” all’apporto di lavoro, alla partecipazione agli utili. L’associato partecipa inoltre delle perdite, nella stessa misura in cui partecipa agli utili (salvo patto contrario stabilito tra le parti); è tuttavia previsto un limite alla partecipazione alle perdite stesse, consistente nella misura stessa dell’apporto medesimo: “le perdite che colpiscono l’associato non possono superare il valore del suo apporto” art. 2553 c.c.).
La “Riforma Fornero” (art. 1, comma 30), come visto in premessa, interviene con riferimento alla effettività della partecipazione dell’associato agli utili di impresa o dell’affare, con riguardo ai rapporti di associazione in partecipazione con apporto di lavoro (al riguardo, giova ricordare come la giurisprudenza abbia negli anni elaborato dei criteri volti ad una maggior tutela del prestatore di lavoro). La Riforma prevede, ad ogni modo, che i rapporti di associazione in partecipazione con apporto di lavoro instaurati o attuati senza un’effettiva partecipazione dell’associato agli utili dell’ impresa o dell’affare si presumono rapporti di lavoro subordinato a tempo indeterminato (è ammessa la prova contraria).
La Riforma prevede il medesimo regime di presunzione nel caso in cui i rapporti di associazione in partecipazione con apporto di lavoro siano instaurati o attuati senza la consegna del rendiconto previsto dall’articolo 2552 del codice civile. Infatti, con particolare riguardo alla disciplina relativa alla gestione dell’impresa o dell’affare, la legge (art. 2552) stabilisce che la stessa spetta all’associante e che all’associato può essere riconosciuto, nei termini stabiliti nel contratto medesimo, un controllo sull’impresa o sullo svolgimento dell’affare; ma in ogni caso l’associato ha diritto al rendiconto dell’affare compiuto o a quello annuale della gestione se questa si protrae per più di un anno.
Associazione in partecipazione con apporto anche di lavoro, limiti quantitativi, lavoro subordinato a tempo indeterminato.
Come detto in premessa, l’apporto da parte dell’associato può consistere anche in prestazione di lavoro.
La “Riforma Fornero” ha aggiunto un ulteriore comma all’art. 2549 c.c., prevedendo che qualora l’apporto dell’associato consista anche in una prestazione di lavoro, il numero degli associati impegnati in una medesima attività non può essere superiore a tre, indipendentemente dal numero degli associanti.
Il medesimo comma prevede tuttavia un’eccezione a tale limitazione, consistente nel caso in cui gli associati siano legati all’associante da rapporto:
- coniugale;
- di parentela entro il terzo grado;
- di affinità entro il secondo grado.
La stipulazione di un contratto di associazione in partecipazione in violazione del divieto previsto, comporta, sempre in base alle nuove previsioni di legge, che il rapporto con tutti gli associati il cui apporto consiste anche in una prestazione di lavoro si considera rapporto di lavoro subordinato a tempo indeterminato.
Sono esclusi dai limiti sopra descritti i contratti in essere al 18 luglio 2012 (data di entrata in vigore della Riforma), a condizione che gli stessi contratti siano stati certificati ex art. 75 e ss. del D.Lgs. n. 276/2003.
Da notare, infine, come la Riformaabbia previsto anche uno specifico regime sanzionatorio nel caso in cui l’apporto di lavoro difetti dei requisiti “professionali” di cui all’art. 69-bis, comma 2, lett. a) del D.Lgs. n. 276/2003 – introdotto dal comma 26, dell’art. 1 della Riforma – (competenze teoriche di grado elevato acquisite attraverso significativi percorsi formativi, ovvero capacità tecnico-pratiche acquisite attraverso rilevanti esperienze maturate nell’esercizio concreto di attività); in assenza di tali requisiti, l’associazione in partecipazione si presume rapporto di lavoro subordinato a tempo indeterminato.
Stefano Carotti – Centro Studi CGN