Il D.Lgs. n. 184 dell’11 ottobre 2012, pubblicato in G.U. n. 253 del 29 ottobre 2012, ha apportato sostanziali modifiche in tema di aumento di capitale nelle S.p.a., per quanto riguarda i quorum necessari per la costituzione e le deliberazioni dell’assemblea, rendendo più semplice l’operazione.
Ricordiamo innanzitutto che si tratta di aumento c.d. oneroso del capitale, cioè di quell’operazione di raccolta del capitale, in cambio dell’emissione di nuove azioni, che apporta nuova ricchezza in società.
Norma fondamentale in tema di aumento a pagamento del capitale sociale è l’art. 2441 c.c. che disciplina il diritto di opzione. Consiste nel diritto spettante ad ogni socio di sottoscrivere le azioni di nuova emissione, in proporzione al numero di azioni già detenute. La ratio della norma è, chiaramente, la tutela della posizione amministrativa e patrimoniale dei soci, permettendo di mantenere inalterata la propria partecipazione proporzionale al capitale.
In sede di aumento a pagamento, gli amministratori daranno pubblicità dell’offerta di opzione e i soci potranno decidere di esercitarlo, sottoscrivendo le azioni di nuova emissione, oppure di non esercitarlo. Tuttavia, le azioni rimaste inoptate non vengono automaticamente offerte a terzi estranei ma potranno essere acquistate dai soci stessi esercitando il c.d. diritto di prelazione. Tale diritto spetta esclusivamente se gli stessi ne hanno fatto contestuale richiesta in sede di esercizio del diritto di opzione, e potranno, così, essere preferiti per la sottoscrizione delle azioni inoptate.
Tuttavia la società potrebbe, nei casi previsti dall’art. 2441, decidere di deliberare l’aumento di capitale con esclusione del diritto di opzione. L’esclusione è consentita:
- quando le azioni vengono liberate mediante conferimenti in natura (comma 4);
- quando l’interesse della società lo esige (comma 5);
- quando si tratta di un aumento riservato ai dipendenti (comma 8).
L’intervento legislativo attuato con il D.Lgs. 184/2012, che è entrato in vigore dal 13 novembre 2012, modificando il comma 4 e il comma 8 dell’art. 2441, mira non solo ad allineare la normativa nazionale con la normativa comunitaria in materia di diritto societario ma anche, e soprattutto, a semplificare il processo di aumento di capitale per stimolare gli investimenti esteri in Italia, per i quali la rigidità procedurale ha sempre rappresentato un deterrente che lascia preferire gli altri Paesi al nostro.
Il decreto, infatti, interviene sul quinto comma dell’art. 2441, sopprimendo l’inciso che stabiliva per la delibera di aumento di capitale con esclusione del diritto di opzione una maggioranza di tanti soci che rappresentano oltre la metà del capitale sociale anche in assemblea di convocazione successiva alla prima. Lascia dunque spazio alla regola prevista, dalla legge o dallo statuto, sulle maggioranze per le decisioni dell’assemblea straordinaria che delibera con voto favorevole dei soci che rappresentano almeno i due terzi del capitale rappresentato in assemblea e, affinché sia regolarmente costituita:
- in prima convocazione, richiede la presenza di tanti soci che rappresentano almeno la metà del capitale sociale;
- in seconda convocazione, richiede la presenza tanti soci che rappresentano oltre un terzo del capitale sociale;
- in convocazioni successive alla seconda, richiede la partecipazione di almeno un quinto del capitale sociale.
Anche il comma 8 dell’art. 2441 è stato modificato, eliminando il limite quantitativo dell’esclusione del diritto di opzione, pari a un quarto delle azioni di nuova emissione, nei casi di aumento di capitale riservato ai dipendenti ed eliminando l’ultimo periodo nel quale si richiedeva per l’approvazione la stessa maggioranza prevista dal quinto comma. Quindi potrà essere deliberato un aumento di capitale riservato ai dipendenti con esclusione del diritto di opzione per l’intero numero di azioni di nuova emissione e con le stesse maggioranze, oggi semplificate, sopra descritte.
È interessante chiedersi in quali occasioni è opportuno (o necessario) procedere ad un aumento di capitale a pagamento. Le ragioni possono essere, ad esempio,:
- per apportare nuove risorse finanziarie necessarie per il raggiungimento degli obiettivi prefissati;
- per apportare in società un particolare bene in natura, nel caso in cui un conferimento venga liberato con il bene medesimo;
- per far fronte ad una perdita occorsa e permettere la sopravvivenza della società.
In particolare, nel caso di perdite rilevanti ex art. 2446, cioè di quelle perdite che non solo hanno eroso interamente le riserve ma che hanno anche intaccato il capitale sociale facendolo diminuire di oltre un terzo, il legislatore obbliga l’organo amministrativo a convocare, senza indugio, l’assemblea per adottare gli opportuni provvedimenti.
Tra questi opportuni provvedimenti è possibile effettuare un aumento di capitale sociale idoneo a riportare il suo valore sopra il limite soglia dettato dall’art. 2446.
Tuttavia la dottrina non si è espressa unanimemente al riguardo. Parte di essa ritiene che non sia possibile effettuare questa operazione in quanto l’aumento verrebbe a mascherare la reale situazione della società e potrebbe confondere i terzi. Secondo questa tesi bisognerebbe prima deliberare la riduzione di capitale per perdite e solo successivamente deliberare l’aumento di capitale.
Al contrario, altra parte della dottrina ha ritenuto legittima l’operazione in quanto non lesiva di alcun interesse dei soci o di interessi generali poiché i terzi possono consultare in trasparenza il bilancio posto a base della delibera di aumento dal quale si evincono le informazioni rilevanti.
A sostegno di questa tesi si pone la Massima n. 122 del Consiglio Notarile di Milano, secondo la quale è da ritenersi corretta l’opinione per cui tra gli “opportuni provvedimenti” che l’assemblea di prima rilevazione è obbligata ad adottare vada compreso anche l’aumento di capitale a pagamento. Tra le motivazioni viene sottolineato il fatto che il legislatore non esplicita quali potrebbero essere gli “opportuni provvedimenti”, lasciando all’assemblea l’iniziativa sulla scelta del provvedimento e, di conseguenza, non pone espressamente alcun onere di preventiva riduzione del capitale, salvo quanto previsto dal comma 2 dell’art. 2446: cioè, se entro l’esercizio successivo la perdita non risulti diminuita a meno di un terzo, allora l’assemblea deve ridurre il capitale in proporzione delle perdite accertate.
Giacinto Atene