Dal 1° gennaio 2013 è in vigore il D.lgs. 9 novembre 2012, n. 192. Tale intervento legislativo modifica in maniera significativa la disciplina sui ritardi di pagamento nelle transazioni commerciali di cui al D.lgs 231/2002, che lasciava piena libertà contrattuale a tutte le parti in ordine alla pattuizione dei termini di pagamento e alle conseguenze del ritardo. L’obiettivo è quello di evitare abusi da posizione dominante, soprattutto da parte della pubblica amministrazione.
Il Decreto (pubblicato in G.U n. 267 del 15 novembre 2012) reca “Modifiche al decreto legislativo 9 ottobre 2002, n. 231, per l’integrale recepimento della direttiva 2011/7/UE relativa alla lotta contro i ritardi di pagamento nelle transazioni commerciali, a norma dell’articolo 10, comma 1, della legge 11 novembre 2011, n. 180” (c.d Statuto delle imprese).
Si tratta di un intervento legislativo di particolare importanza, anche perché viene a sommarsi ad altre recenti misure adottate dal Governo – quali, ad esempio, la piattaforma elettronica messa a disposizione dal MEF per la certificazione dei crediti nei confronti della pubblica amministrazione, predisposta ai sensi dei decreti ministeriali del 22 maggio 2012 e del 25 giugno 2012 – che rispondono al chiaro intento di cercare di aumentare la liquidità del sistema produttivo, agevolando i creditori dello Stato nell’attuale congiuntura economica sfavorevole.
Le nuove regole si applicano alle transazioni commerciali tra privati e tra questi e la pubblica amministrazione, aventi ad oggetto la fornitura di merci e la prestazione di servizi dietro corrispettivo concluse a partire dal 1° gennaio 2013.
Esse prevedono in particolare quanto di seguito sintetizzato.
Contratti tra pubblica amministrazione e imprese:
- il termine di pagamento è, di regola, di 30 giorni;
- le parti possono pattuire, purché in modo espresso, un diverso termine di pagamento quando ciò sia giustificato dalla natura o dall’oggetto del contratto o dalle circostanze esistenti al momento della sua conclusione: il termine non può in ogni caso superare 60 giorni;
- per gli enti che forniscono assistenza sanitaria (ASL, aziende ospedaliere e Policlinici) il termine ordinario di 30 giorni viene automaticamente elevato a 60;
- in caso di mancato pagamento entro i termini stabiliti, il debitore è tenuto a corrispondere interessi legali che decorrono su base giornaliera senza che sia necessaria la costituzione in mora;
- eventuali procedure volte ad accertare la conformità della merce o dei servizi al contratto non possono avere una durata superiore a 30 giorni dalla data di consegna della merce o di prestazione del servizio, salvo che sia diversamente concordato per iscritto dalle parti e previsto nella documentazione di gara e purché ciò non sia gravemente iniquo per il creditore.
Contratti tra imprese:
- il termine di pagamento è di 30 giorni, se le parti non prevedono un diverso termine nel contratto;
- le parti possono concordare un termine superiore a 60 giorni, solo a condizione che tale termine sia pattuito espressamente e provato per iscritto e non sia gravemente iniquo per il creditore;
- in caso di mancato pagamento entro i termini stabiliti, il tasso degli interessi di mora può essere liberamente concordato tra le imprese purché non risulti gravemente iniquo per il creditore. Si evidenzia che il decreto prevede che una clausola che escluda l’applicazione degli interessi di mora è considerata iniqua e, di conseguenza, nulla. Anche in questo caso gli interessi decorrono senza che sia necessaria la costituzione in mora.
E’ bene tener presente la distinzione tra gli interessi moratori, concordati liberamente tra le parti, e gli interessi legali di mora, applicabili direttamente anche se non pattuiti nel contratto. Gli interessi legali di mora si calcoleranno prevedendo una maggiorazione di 8 punti percentuali sul tasso fissato dalla Banca centrale europea: in sostanza si aggireranno intorno alla soglia del 10 per cento.
In generale, sia per i contratti tra imprese che per quelli tra imprese e pubblica amministrazione, il decreto prevede inoltre:
- che, in caso di ritardo di pagamento, i creditori hanno diritto, salva la prova dei maggiori costi sostenuti per il recupero, a un rimborso forfettario di 40 euro;
- la possibilità che le parti concordino termini di pagamento a rate: in questo caso, le conseguenze negative del ritardo devono essere calcolate esclusivamente sulle singole rate scadute.
Il ritardo nei pagamenti è sempre stato un’emergenza, che si è aggravata ancora di più soprattutto in questa fase in cui le imprese sono a corto di liquidità. In particolare, a essere penalizzate sono le piccole aziende, costrette ad aspettare in media circa 180-190 giorni per riscuotere i crediti dalle pubbliche amministrazioni, con punte record al Sud dove si arriva ai 1.500 giorni. Nonostante le nuove regole europee che prevedono sanzioni più certe rispetto al passato, resta comunque intatto il rischio che a onorare la fattura entro due mesi al massimo siano solo poche amministrazioni. Gli ostacoli più importanti sono rappresentati dal “Patto di stabilità”, all’origine di molti dei ritardi accumulati soprattutto da Comuni e Province, e dallo specifico sistema di garanzie poste a tutela della pubblica amministrazione che fa sì che l’esecuzione non possa iniziare prima di 130 giorni dalla notifica del titolo esecutivo.
Nicolò Cipriani – Centro Studi CGN