Qualche giorno fa, in un precedente articolo, abbiamo fissato i concetti di chiarezza, veridicità e correttezza nella redazione del bilancio dell’esercizio. Ci addentriamo oggi nell’art.2423-bis trattando del principio della competenza, secondo il quale l’effetto economico (costo o ricavo) di ogni singolo fatto di gestione deve essere rilevato nell’esercizio in cui compete, a prescindere dalla sua manifestazione numeraria (incasso o pagamento).
Tale articolo, infatti, al comma 1 punto 3), dispone che “si deve tenere conto dei proventi e degli oneri di competenza dell’esercizio, indipendentemente dalla data dell’incasso o del pagamento”.
Questo, in concreto, significa che i componenti positivi e negativi di reddito devono essere rilevati per la quota maturata nell’esercizio, indipendentemente dalla loro manifestazione numeraria (incasso o pagamento).
A fine esercizio, pertanto, bisogna:
- stornare la quota di competenza degli esercizi futuri, dei costi e dei ricavi che sono stati rilevati in contabilità per l’intero ammontare e che hanno già avuto la loro manifestazione numeraria (risconti attivi e passivi);
- registrare la quota di competenza dell’esercizio, dei costi e dei ricavi che non sono ancora stati rilevati in contabilità (ratei attivi e passivi, crediti e debiti da liquidare);
- imputare la quota dei costi pluriennali di competenza dell’esercizio (ammortamenti);
- rilevare le quote di accantonamento per rischi ed oneri di esistenza certa o probabile, dei quali non sia nota l’effettiva sopravvenienza o la data di manifestazione (accantonamento del TFR del personale dipendente, per esempio).
La difficoltà nell’applicazione concreta del principio di competenza è rappresentata dall’individuazione esatta del momento in cui i costi e i ricavi si intendono maturati. La normativa civilistica in proposito non è molto chiara: il principio è enunciato in modo piuttosto generico e non vengono dettate norme specifiche cui fare riferimento. Ci si può però aiutare con la normativa fiscale (art.109 TUIR) e con i Principi Contabili (OIC 11), secondo i quali, in linea generale:
- i ricavi sono di competenza dell’esercizio in cui il processo produttivo dei beni e servizi si è completato oppure si è verificato il passaggio sostanziale di proprietà (consegna, spedizione, ultimazione dei servizi);
- i costi rilevano in contrapposizione ai corrispondenti ricavi dell’esercizio (principio della “correlazione”).
Il principio di correlazione appena citato, fondamentale corollario del principio di competenza in esame, merita un piccolo approfondimento: esprime l’esigenza di contrapporre ai ricavi tutti i costi relativi, siano essi certi o presunti. I costi seguono i ricavi, per cui è necessario individuare preliminarmente la competenza dei ricavi per poi poter dedurre, nello stesso periodo di imposta, i costi ad essi relativi. Se la competenza di un ricavo, in sostanza, è dell’esercizio successivo (e di conseguenza sarà tassato nell’esercizio successivo), anche la competenza del costo “correlato” dovrà essere rinviata all’esercizio successivo (e quindi sarà dedotto nell’esercizio successivo).
Il redattore del bilancio, quindi, per determinare correttamente il risultato d’esercizio, dovrà adottare un procedimento di:
- identificazione dei ricavi realizzati;
- misurazione dei costi e dei ricavi;
- correlazione dei costi ai ricavi dell’esercizio.
La mancata applicazione del principio di competenza determina un problema di doppia tassazione. Un costo appostato in un esercizio diverso da quello di competenza comporta infatti:
- il suo disconoscimento nell’esercizio in cui è stato erroneamente dedotto;
- il suo mancato riconoscimento nell’esercizio in cui avrebbe dovuto essere portato in deduzione.
Su questo particolare aspetto, si sono succedute nel tempo diverse sentenze della Cassazione. L’ultima è la n. 1648 del 24 gennaio 2013 che consolida l’orientamento della giurisprudenza: nell’ipotesi di erronea imputazione di componenti negativi di reddito per violazione di competenza (pur in assenza di danno erariale) è ammessa la domanda di rimborso delle imposte pagate in eccedenza per effetto della mancata deduzione del costo nell’anno corretto.
Bisogna infine fare attenzione alle operazioni che rilevano secondo il principio di cassa: per esempio i compensi ad amministratori, le quote associative, i dividendi, i contributi in conto capitale. I componenti di reddito relativi a questo tipo di operazioni sono tassati nell’esercizio in cui vengono pagati o incassati.
Patrizia Tomietto – Centro Studi CGN