Il bilancio d’esercizio, oltre ad essere oggetto di deposito in camera di commercio, rappresenta il punto di partenza per l’analisi economica, finanziaria e patrimoniale di un’azienda. Ecco alcune indicazioni per la riclassificazione dello stato patrimoniale e del conto economico.
Per quanto riguarda le tipologie di riclassifica del conto economico abbiamo le seguenti configurazioni:
- conto economico a valore della produzione e a valore aggiunto;
- a costi fissi e costi variabili;
- a costo del venduto.
Descriviamo, in sintesi, le caratteristiche delle tipologie sopra riportate.
1. A valore delle produzione e a valore aggiunto: con questa struttura di riclassificazione è possibile determinare sia il valore della produzione effettuata, sia il valore aggiunto.
I costi aziendali sono differenziati in base alla loro destinazione verso soggetti esterni o verso soggetti interni; in tal senso si può parlare, rispettivamente, di costi aziendali in senso stretto (derivanti dai rapporti esterni) e di “ricchezza distribuita”(ai soggetti partecipanti all’attività economica dell’impresa).
Tale schema è utilizzato nella formulazione del bilancio sociale; infatti, nell’ambito della comunicazione “sociale” d’impresa, permette ai terzi di conoscere qual è l’ammontare del valore aggiunto e come è stato distribuito tra i diversi stakeholders (portatori di interessi).
Il conto economico riclassificato “a valore aggiunto” ha un’alta valenza ai fini comunicazionali esterni.
Non è lo stesso, invece, ai fini decisionali e in relazione al governo delle risorse aziendali, poichè questa riclassificazione non fornisce molte informazioni a riguardo.
2. A costi fissi e costi variabili: questo schema riclassifica i costi in relazione alla loro variabilità al variare dei volumi di produzione ed è particolarmente indicato per l’elaborazione dei conti economici previsionali.
Il margine di contribuzione deriva dalla differenza tra ricavi e costi variabili, valore che nell’ambito dei processi decisionali ha un’alta valenza informativa, perché la sua conoscenza permette di attuare le scelte economiche più convenienti per l’impresa, specie se è calcolato con riferimento ai beni e/o servizi prodotti e/o erogati dalla stessa, o con riferimento alle aree strategiche d’affari in cui opera.
3. A costo del venduto: La struttura del conto economico riclassificato “a costo del venduto” è meglio rispondente alle esigenze del controllo interno.
In termini operativi è estremamente efficace perché consente di comprendere l’andamento della gestione economica d’impresa.
Lo schema prevede che i valori siano riallocati nell’area operativa e il criterio seguito è quello della “destinazione” degli stessi (criterio funzionale); i costi sono direttamente imputati, rispettivamente, al processo produttivo, al processo di commercializzazione dei prodotti ed alle spese generali ed amministrative.
L’analisi permette di valutare l’incidenza sul fatturato dei costi di produzione e di commercializzazione, che, in relazione alle caratteristiche produttive e distributive dei prodotti, potrebbe risultare molto diversa anche per imprese operanti nello stesso settore.
Passando alla disamina della riclassificazione dello Stato Patrimoniale troviamo le seguenti configurazioni:
- finanziario;
- pertinenza gestionale;
- criterio del ciclo operativo aziendale.
1. La riclassificazione dello Stato patrimoniale in base al criterio finanziario porta ad aggregare:
- gli elementi attivi del patrimonio in base al loro grado di liquidità, cioè in base alla loro capacità di essere trasformati in tempi rapidi ed in modo economico in liquidità;
- gli elementi passivi del patrimonio in base al loro grado di esigibilità, cioè in base alla loro scadenza, per quanto concerne i debiti, e al periodo di distribuzione nel caso delle poste ideali del patrimonio netto.
Con questo criterio di riclassificazione, i valori dell’attivo rappresentano gli investimenti in attesa di realizzo alla data del bilancio, mentre i valori del passivo rappresentano il capitale acquisito alla data di chiusura dell’esercizio.
Le attività costituiscono il fabbisogno finanziario dell’impresa alla data del bilancio, mentre le passività e il capitale netto rappresentano le fonti di finanziamento in atto alla data del bilancio.
Questo criterio di riclassificazione dello Stato patrimoniale è quello più largamente utilizzato.
2. La riclassificazione dello Stato patrimoniale in base al criterio di pertinenza gestionale, raggruppa gli elementi attivi e passivi sulla base della loro partecipazione alla gestione caratteristica dell’impresa, a quella accessoria o a quella finanziaria.
Ricordiamo che per gestione caratteristica dell’impresa si intende l’attività che rientra nell’oggetto tipico dell’azienda.
Per gestione accessoria si intendono quelle attività diverse da quelle tipiche dell’impresa che sono poste in essere con lo scopo di impiegare in modo redditizio dei mezzi liquidi esuberanti, o al fine di creare collegamenti proficui con altre imprese.
Infine la gestione finanziaria è costituita dalle attività di reperimento di capitale e dal loro impiego nell’impresa.
3. Per ciclo operativo aziendale si intende il tempo che intercorre tra il momento in cui l’impresa sostiene i costi per l’acquisizione dei fattori produttivi e il momento in cui essa consegue i ricavi relativi alla vendita delle merci o dei prodotti finiti sul mercato.
Riclassificare lo stato patrimoniale in base al criterio del ciclo operativo aziendale significa aggregare le attività e le passività in attività e passività a breve e a medio e lungo termine non in base alla loro liquidità, ma in base alla durata del ciclo operativo aziendale.
La durata di tale ciclo può variare a seconda del settore di attività e, a volte, varia anche tra imprese dello stesso settore.
Tale durata potrà essere inferiore all’anno in alcuni casi, mentre in altri casi potrà durare anche più esercizi (si pensi ad esempio alle imprese che operano su commessa realizzando lavori di durata ultrannuale).
Questo criterio di riclassificazione dello Stato patrimoniale è particolarmente complesso da applicare e può essere usato solamente da analisti interni che dispongono delle informazioni necessarie per poter procedere alle necessarie aggregazioni delle voci di bilancio.
Nella pratica è il criterio di riclassificazione meno impiegato.
Dal bilancio e da queste riclassificazioni è poi possibile ricavare degli indici che permettono di analizzare, in modo sintetico la situazione dell’impresa.
A tal proposito possiamo distinguere:
- gli indici di redditività, intesa come capacità dell’azienda di creare reddito;
- gli indici finanziari, volti alla verifica del corretto utilizzo delle fonti adoperate per finanziare i diversi impieghi;
- gli indici patrimoniali, volti ad accertare le condizioni di equilibrio nella composizione degli impieghi e delle fonti di finanziamento.
Andrea Radin – Centro Studi CGN