La regola generale introdotta dal decreto “sblocca debiti” (art. 10, comma 4, lett. b, D.L. 35/2013), secondo cui il versamento IMU è pari al 50% di quanto pagato nel 2012, non si applica agli enti non profit che utilizzano immobili con finalità diverse da quelle istituzionali. Lo ha chiarito la risoluzione n. 7/DF del 5 giugno 2013, emanata dal Dipartimento Finanze del MEF, che ha fornito una serie di risposte ai dubbi avanzati dagli operatori del settore alle prese con la disciplina dei calcoli IMU.
Per la complessità dei conteggi sarà possibile stimare due acconti in corso d’anno (giugno e dicembre) con saldo in sede di primo acconto per l’anno successivo. È l’inevitabile conclusione a cui sono giunti i tecnici del ministero per tener conto della particolare procedura applicabile agli enti non commerciali.
La vicenda dell’IMU per gli enti non commerciali nasce da una procedura di infrazione europea, che ha reso necessario modificare le regole per il pagamento dell’imposta, considerate eccessivamente “generose” per i soggetti no profit.
È l’art. 91 bis, comma 1, della legge n. 24 marzo 2012, n. 27, ad aver modificato l’art. 7, comma 1, lett i), del d. lgs n. 504/1992, introducendo la fattispecie degli immobili ad “utilizzazione mista” (commerciale e istituzionale), con i relativi dettagli normativi per individuare la parte assoggettabile al tributo da quella non assoggettabile. La pessima tecnica legislativa fatta di rinvii va a combinarsi con una serie di documenti di prassi (tra cui la risoluzione 1/DF del 3/12/2012 e la circolare n. 2/DF, entrambe del MEF) e il D.M. 19 novembre 2012, n. 200, che completano un quadro estremamente confusionario e a tratti inafferrabile.
Per gli enti non commerciali, a determinare l’esenzione dal tributo per gli immobili, è il rispetto di una serie di requisiti statutari previsti dagli artt. 3 e 4 del D.M 19 novembre 2012, n. 200, vale a dire:
- la limitazione nella distribuzione degli utili durante la vita sociale;
- l’obbligo di reinvestimento degli utili conseguiti durante l’esercizio;
- la devoluzione del patrimonio sociale ad altro ente con le medesime finalità in caso di scioglimento del sodalizio;
- le attività istituzionali devono essere svolte con modalità sostanzialmente gratuite o prevedere tariffe non superiori a certi limiti prestabiliti.
Una volta stabilita la distinzione tra immobili impiegati per attività commerciali e quelli utilizzati per attività istituzionale, nasce il problema dei cosiddetti immobili ad utilizzazione mista.
La stratificazione delle norme, dei regolamenti e dei relativi documenti di prassi ha prodotto il seguente risultato:
- per l’anno 2012, il pagamento dell’IMU non era previsto a condizione che l’intero immobile fosse utilizzato per attività non commerciali;
- per l’anno 2013, il pagamento dell’IMU va effettuato solo per gli “spazi commerciali” dovendosi applicare l’art. 5 del D.M. 19 novembre 2012, n. 200, che introduce criteri di proporzionalità tra spazi destinati ad attività non commerciali e spazi complessivi.
Dal momento che, per l’anno 2013, gli enti non profit rischiavano di versare l’IMU in misura significativamente superiore rispetto a quanto stabilito, otre a non essere in possesso dei dati definitivi circa gli utilizzi degli immobili (soprattutto quelli utilizzazione mista), i redattori della risoluzione 7/DF del ministero hanno stabilito:
- l’IMU per il 2013 “dovrà essere determinata come migliore stima possibile alla luce degli utilizzi prospettici (commerciali, istituzionali e promiscui) degli immobili”;
- la seconda rata dell’IMU per il 2013 “non potrà che essere necessariamente stimata”, in quanto, anche per via della complessità del calcolo, l’importo effettivamente dovuto non potrà che essere determinato sulla base dei parametri al 31 dicembre 2013;
- di conseguenza il saldo per l’anno 2013 “potrà essere effettuato contestualmente al versamento della prima rata dovuta per l’anno 2014”;
- la prima rata IMU per l’anno 2014 dovrà essere effettuato in misura pari al 50% dell’imposta relativa all’anno precedente così come determinata definitivamente anche sulla base dei dati risultanti dai bilanci degli enti non commerciali in questione.
Si ha l’impressione che la circolare del ministero voglia scusarsi con gli operatori quando si giustifica affermando che “le ragioni di tale determinazione sono, altresì, fondate su esigenze di semplificazione, dal momento che, diversamente, si imporrebbe ai soggetti passivi l’onere di effettuare per più volte il calcolo dell’imposta …”.
Gli operatori del settore e i professionisti, tra un dubbio e l’altro, cercando di mettere ordine ad una normativa a dir poco sfuggente, ringraziano!
Nicolò Cipriani – Centro Studi CGN