Il “Decreto del Fare” (D.L. n. 69 del 21 giugno 2013, pubblicato in G.U. n. 144 del 21 giugno 2013) cambia alcune norme in materia di riscossione, tutelando beni fondamentali quali la casa di residenza e i beni per lo svolgimento dell’attività di impresa e professionale, rendendole più favorevoli per i contribuenti. Per la sua valenza simbolica, la novità più importante del decreto legge riguarda il divieto in capo all’agente della riscossione di espropriare l’unico immobile, adibito ad uso abitativo, nel quale risiede anagraficamente il contribuente, fermo restando la possibilità di apporre ipoteca. Cosa significa esattamente “divieto di esproprio”? A quali condizioni opera? Quali scenari si aprono con il nuovo decreto?
Il testo novellato dell’articolo 76, comma 1, DPR 602/1972 è il seguente:
“1. Ferma la facoltà di intervento ai sensi dell’articolo 563 del codice di procedura civile, l’agente della riscossione:
a) non dà corso all’espropriazione se l’unico immobile di proprietà del debitore, con esclusione delle abitazioni di lusso aventi le caratteristiche individuate dal decreto del Ministro per i lavori pubblici 2 agosto 1969, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 218 del 27 agosto 1969, e comunque dei fabbricati classificati nelle categorie catastali A/8 e A/9, è adibito ad uso abitativo e lo stesso vi risiede anagraficamente;
b) nei casi diversi da quello di cui alla lettera a), può procedere all’espropriazione immobiliare se l’importo complessivo del credito per cui procede supera centoventimila euro. L’espropriazione può essere avviata se è stata iscritta l’ipoteca di cui all’articolo 77 e sono decorsi almeno sei mesi dall’iscrizione senza che il debito sia stato estinto.”
La lettura della norma (lett. a) consente di affermare che il divieto di esproprio della casa di residenza opera alle seguenti condizioni:
- deve trattarsi di unico immobile di proprietà del debitore;
- l’immobile deve essere adibito ad uso abitativo e costituire la residenza anagrafica del contribuente (le condizioni devono coesistere);
- l’immobile non deve possedere le caratteristiche di abitazione di lusso.
Sussistendo tali requisiti scatta il divieto di esproprio che vuol dire impossibilità da parte dell’agente della riscossione di procedere con lo spossessamento e la vendita all’asta dell’immobile.
È il caso di sottolineare che:
- la norma in commento riguarda esclusivamente l’agente della riscossione e non può mai essere applicata nei riguardi dei creditori comuni (per esempio istituti di credito o fornitori) per i quali il suddetto divieto non opera dovendosi applicare le norme di diritto privato;
- resta ferma la possibilità per i creditori comuni di procedere con l’espropriazione della casa di residenza del debitore e con la conseguente vendita all’asta dell’immobile. Se ciò dovesse verificarsi, Equitalia potrà partecipare a pignoramenti e vendita all’asta promossi dai creditori comuni e concorrere (con gli altri creditori) al riparto del ricavato della vendita;
- divieto di esproprio non vuol dire impossibilità di iscrivere ipoteca da parte dell’agente della riscossione. Le condizioni per l’iscrizione dell’ipoteca non sono state modificate. Per Equitalia è sufficiente un credito a ruolo superiore a euro 20.000 per apporre un’ipoteca sull’abitazione del debitore.
Ipoteca e pignoramento (o spossessamento) immobiliare sono due concetti giuridici distinti. L’ipoteca rappresenta un vincolo di natura reale a favore del creditore e non incide sulla disponibilità del bene da parte del debitore, a cui non viene impedito di vendere a terzi l’immobile (anche la casa di residenza) oggetto di ipoteca. In concreto, la norma novellata apre i seguenti scenari:
- Equitalia, a conoscenza della vendita dell’immobile, ha facoltà di attivare il pignoramento presso terzi, nei limiti del proprio credito, per il corrispettivo dovuto dall’acquirente al venditore (il bene tutelato è la casa di residenza non il controvalore in caso di vendita);
- Equitalia ha la possibilità di attivare la procedura di espropriazione nei riguardi dell’acquirente che non destina l’immobile a propria residenza (l’ipoteca segue l’immobile e il divieto riguarda l’esproprio della casa di residenza);
- nel caso in cui Equitalia non si avvalga del pignoramento preso terzi e l’immobile rappresenta l’abitazione principale dell’acquirente, permane l’ipoteca sull’immobile e allo stesso tempo persiste il divieto di esproprio se sussistono i requisiti in capo all’acquirente.
Lo spossessamento immobiliare comporta un vincolo di indisponibilità dell’immobile. Il debitore è impossibilitato a disporre del bene pignorato. L’eventuale cessione è inefficace nei riguardi dell’agente della riscossione.
Per gli immobili diversi dall’abitazione principale, il “Decreto del Fare” (art. 76, comma 1, lett. b) introduce la possibilità di esproprio da parte dell’Agente per la riscossione solo nel caso in cui l’importo iscritto a ruolo è superiore a euro 120.000 (in precedenza ne bastavano 20.000). Inoltre:
- occorre che l’ipoteca sia stata iscritta per almeno 6 mesi;
- l’iscrizione di ipoteca deve essere preceduta da un’intimazione di pagamento.
Ultimo aspetto a tutela dei debitori riguarda il valore da considerare in caso di vendita dell’immobile. Secondo l’art. 79 del DPR 602/1973, il valore è quello catastale moltiplicato per tre. La norma è stata modificata nel senso che, nel caso in cui il valore stabilito dalla legge sia manifestamente inadeguato rispetto a quello effettivo, il debitore può disporre una perizia di stima da parte di un esperto di fiducia. L’obiettivo è quello di tutelare i beni del debitore evitando di vendere a prezzi irrisori gli immobili pignorati.
Nicolò Cipriani – Centro Studi CGN