I controlli del Fisco in base al “nuovo” redditometro cominceranno a partire dal periodo d’imposta relativo al 2009. Il redditometro nella versione post D.L. 78/2010 è operativo a seguito del decreto dell’Economia del 24 dicembre 2012. Esso si fonda sulla combinazione di spese effettive provenienti dall’anagrafe tributaria e spese stimate messe a punto dall’ISTAT, le quali, in base ad un algoritmo ministeriale, si trasformano in reddito complessivo.
Tanti sono ancora tanti i dubbi che devono essere risolti, e al riguardo, il mondo dei commercialisti è in attesa di una circolare esplicativa e monotematica da parte dell’Agenzia delle Entrate.
Ecco quali sono i dubbi rispetto ai quali gli operatori del settore si aspettano un chiarimento.
1) Applicazione retroattiva del nuovo redditometro. Al riguardo la giurisprudenza è conforme nel ritenere la legittimità dell’uso degli accertamenti standardizzati anche se successivi rispetto all’anno di imposta accertato (per esempio il 2008). È quanto emerge da una serie di sentenze della Suprema Corte (cfr. Cass. Nri 10028/2009, 21171/2009, 14161/2003), in linea con i dettami dello Statuto del contribuente, secondo cui si applica la regola che prevede l’utilizzo della forma più evoluta anche per il passato, se i risultati sono più favorevoli per il contribuente. Tuttavia, l’uso retroattivo è da considerarsi illegittimo, nel caso in cui l’utilizzo di indici in vigore successivamente determini un reddito sintetico maggiore rispetto a quello che si determinerebbe applicando le normative anteriori.
Il pensiero dell’Agenzia delle Entrate è sintetizzato nella circolare n. 1/E/2013 in cui, in risposta ad un quesito, è stata esclusa la possibilità dell’utilizzo retroattivo del nuovo redditometro.
I professionisti si aspettano un cambio di opinione da parte dei tecnici del fisco.
2) Rapporto tra accertamento sintetico “puro” e accertamento da redditometro. L’accertamento “sintetico puro” si fonda su elementi e circostanze di fatto certi, vale a dire sull’individuazione di spese che l’amministrazione finanziaria è in grado di individuare con esattezza grazie alla comunicazione all’anagrafe tributaria (interessi passivi su mutui, assicurazioni, iscrizioni a forme di previdenza complementare, utenze, ecc.).
Il redditometro è costruito in maniera tale da contenere i dati delle spese effettive presenti in anagrafe tributaria. Infatti, tali dati vengono recuperati e confrontati con i dati corrispondenti derivanti dai consumi medi ISTAT, per tipologia di famiglia e ambito territoriale, e rilevano per il maggior valore. Alle spese effettive così determinate, vengono aggiunte le spese stimate in base ai consumi ISTAT, gli incrementi patrimoniali e i risparmi dell’anno.
Con la circolare del 21 giugno 2011, n. 28, l’Agenzia delle Entrate in risposta ad un quesito aveva affermato l’alternatività dei due strumenti. Per l’Agenzia il “sintetico puro” e il “sintetico da redditometro” si presentano come strumenti distinti, diversamente costruiti e separati tra loro. La posizione dell’Agenzia risulta incompatibile con i contenuti del decreto del 24 dicembre 2012 che ha rivelato, invece, uno strumento che comprende al proprio interno i dati derivanti dall’applicazione del sintetico puro.
Gli operatori sono perplessi su come i due strumenti (puro e redditometro) possano essere considerati autonomi e differenti tra loro, per via del fatto che uno (il redditometro) contiene l’altro (il sintetico puro).
3) Individuazione spese medie ISTAT. Il dato relativo alla spesa media del nucleo familiare cui appartiene il contribuente è desumibile dall’indagine annuale sui consumi delle famiglie, effettuata annualmente dall’ISTAT. È un’indagine complessa che riguarda 11 tipologie di nuclei familiari, suddivise per aree territoriali e correlate ai diversi consumi (oltre 100 voci di spesa). Ai fini del redditometro non è previsto un coefficiente applicabile all’elemento indicativo di capacità contributiva, in quanto il contenuto induttivo che ciascun elemento esprime è dato dalla spesa stessa.
È importante chiarire quale sarà il ruolo rivestito dalla componente derivante dalle spese medie ISTAT e in particolare occorre conoscere a priori quale sarà il ragionamento dell’Ufficio nell’imputare determinate voci di spesa al contribuente.
Sarà tutto demandato al contraddittorio preventivo tra Ufficio e contribuente?
4) Tra gli elementi che determinano il reddito complessivo sintetico, il decreto riporta alla lett. c dell’art. 2, “ammontare delle ulteriori spese riferite ai beni/servizi di cui alla lettera a), determinate in base ad analisi e studi socio economici”. La nota ministeriale non precisa altro. Sarà la circolare a specificare i criteri di costruzione e di utilizzo di tale elemento, che dovrebbe riguardare solo determinate categorie di spesa.
Imputare alcune tipologie di spesa al contribuente determinandone il valore in base a quanto effettivamente speso, oppure in ragione delle risultanze dell’indagine ISTAT, rappresenta uno degli aspetti di maggior rilievo di cui si dovrà occupare la circolare.
Si ritiene che l’ufficio debba provare quantomeno l’esistenza della spesa per poi valorizzarla con il metodo prescritto. Un conto è presumere una certa spesa per l’alimentazione, un conto è attribuire ad un contribuente spese per animali domestici. Per il contribuente, dimostrare che non possiede animali potrebbe risultare impossibile oltre che surreale.
Nel processo ricostruttivo del reddito sintetico, quanto maggiore sarà la componente derivante dalle spese effettive rispetto a quelle stimate, tanto maggiore sarà l’attendibilità del reddito determinato e la robustezza delle argomentazioni a supporto. Se invece a prevalere saranno le spese stimate rispetto a quelle effettive, la fragilità delle argomentazioni da parte dall’ufficio si accompagnerà ad una minore attendibilità del reddito ricostruito.
Quali saranno le indicazioni della circolare nel dettare la linea operativa a cui gli Uffici si dovranno attenere?
Nicolò Cipriani – Centro Studi CGN