L’istituzione dell’archivio dei rapporti finanziari ha dato un significativo impulso all’attività di accertamento in materia di imposte dirette e di IVA attraverso l’utilizzo dei dati di natura finanziaria. Tuttavia, questo formidabile strumento di contrasto all’evasione inciderà notevolmente anche sulla sfera privata dei contribuenti, se si considera che la ricerca delle movimentazioni finanziarie e delle relative anomalie si inserisce in una fase precedente al controllo.
Come noto, secondo quanto stabilito dall’art. 7, comma 6 del D.P.R. n. 605 del 29 settembre 1973, gli operatori finanziari hanno l’obbligo di comunicare, con cadenza mensile, all’Anagrafe tributaria:
- i dati identificativi, compreso il codice fiscale, di ogni soggetto che intrattenga con loro qualsiasi rapporto o effettui, per conto proprio ovvero per conto o a nome di terzi, qualsiasi operazione di natura finanziaria ad esclusione di quelle effettuate tramite bollettino di conto corrente postale per un importo unitario inferiore a 1.500 euro;
- l’esistenza dei rapporti e l’esistenza di qualsiasi operazione di cui al precedente periodo, compiuta al di fuori di un rapporto continuativo, nonché la natura degli stessi. Tali informazioni vengono archiviate in apposita sezione, con l’indicazione dei dati anagrafici dei titolari e dei soggetti che intrattengono con gli operatori finanziari qualsiasi rapporto o effettuano operazioni al di fuori di un rapporto continuativo per conto proprio ovvero per conto o a nome di terzi, compreso il codice fiscale.
Allo scopo di rendere più efficace l’azione di contrasto all’evasione fiscale, l’art. 11, comma 2 del D.L. n. 201 del 6 dicembre 2011, cosiddetto decreto Salva Italia, ha previsto che, a decorrere dal 1° gennaio 2012, gli operatori finanziari siano obbligati a comunicare periodicamente all’Anagrafe tributaria:
- le movimentazioni che hanno interessato i rapporti continuativi, che hanno interessato i rapporti di cui al predetto art. 7;
- ogni altra informazione riferita a questi rapporti necessaria ai fini dei controlli fiscali;
- l’importo delle operazioni finanziarie effettuate al di fuori del rapporto continuativo (cosiddette operazioni “fuori conto”). La relazione di accompagnamento al decreto Salva Italia evidenzia che la ratio della norma è quella di superare la situazione attuale, nella quale l’Amministrazione finanziaria ha la possibilità di acquisire la movimentazione dei dati finanziari solo ad attività di controllo già avviata, e di fornire, quindi, alla funzione di contrasto all’evasione uno strumento di straordinaria efficacia.
Alla disposizione sopra evidenziata è stata data attuazione con il Provvedimento del Direttore dell’Agenzia delle entrate del 25 marzo 2013, nel quale sono state stabilite le modalità per la comunicazione integrativa dei dati all’archivio dei rapporti finanziari.
È opportuno ricordare, in merito, che la suddetta comunicazione integrativa non sostituisce quella prevista dall’art. 7 del D.P.R. n. 605/1973, nonché dai provvedimenti attuativi 19 gennaio 2007 e 29 febbraio 2008. Ne consegue che le informazioni sul contenuto del rapporto finanziario continueranno, invece, ad essere acquisite e trattate secondo le ordinarie procedure.
Dall’analisi dei movimenti finanziari potranno emergere liste di contribuenti da assoggettare a controllo.
Le anomalie che l’Amministrazione finanziaria potrebbe riscontrare riguarderanno:
- l’incongruenza dell’andamento del rapporto (per media o trend precedente) con riferimento ai dati ed ai flussi reddituali contenuti nelle dichiarazioni dei redditi;
- le uscite che non trovano raffronto con spese o incrementi patrimoniali individuati nell’Anagrafe tributaria (compravendita di immobili, di auto, di strumenti finanziari, di partecipazioni, ecc.);
- un numero di posizioni con consistenze totali non coerenti sul piano territoriale e sotto il profilo economico-finanziario;
- la presenza di redditi dichiarati di importo superiore a quelli che hanno movimentato il conto.
Ferma restando la necessità di combattere l’evasione fiscale e di contrastare il fenomeno del riciclaggio del denaro sporco, non si può non notare come tale nuovo strumento sovverta la logica che finora ha ispirato l’utilizzo dei dati finanziari ai soli fini fiscali.
I contribuenti, in altre parole, dovranno abituarsi all’idea che verranno innanzitutto setacciati indiscriminatamente le operazioni, i rapporti finanziari e i risparmi di ogni cittadino, e che soltanto in seguito al riscontro di qualche anomalia potrebbero (ma soltanto in un momento successivo) essere sottoposti a verifica fiscale.
Ai fini antiriciclaggio, inoltre, è opportuno chiedersi se le liste selettive di contribuenti a maggior rischio di evasione, predisposte a seguito del monitoraggio preventivo dei rapporti e dei movimenti finanziari, debbano confluire all’Unità di Informazione Finanziaria. In tal caso, infatti, tale inclusione farebbe lievitare il numero delle segnalazioni relative alle operazioni sospette, congestionando l’attività di accertamento tributario. Poiché non è ragionevole pensare che il legislatore abbia voluto ingolfare il sistema di accertamento in atto, si può ritenere che abbia voluto al contrario rafforzare il contrasto all’evasione in termini di velocità operativa, lasciando l’ambito investigativo agli Uffici finanziari. Si può quindi concludere che i soggetti inseriti nelle liste selettive non saranno automaticamente segnalati alla Unità di Informazione Finanziaria.
Raccordo tra Agenzia delle entrate e Guardia di Finanza
Un’altra questione di interesse ai fini della disciplina in materia di antiriciclaggio è data dal fatto che l’attività di controllo nei confronti della persona interessata da accertamenti potrebbe duplicarsi. L’attuale disciplina, infatti, non consente la trasmissione delle segnalazioni di operazioni sospette all’Agenzia delle entrate, ma soltanto alla Guardia di finanza. In futuro, pertanto, l’approfondimento tributario delle liste selettive dei contribuenti che presentano movimentazioni finanziarie anomale condotto dall’Agenzia non potrà, comunque, prescindere da un raccordo con la Guardia di finanza. Anche in questo caso, quindi, si deve concludere che viene svuotata la competenza esclusiva della Guardia di finanza in materia di approfondimento di tutte quelle segnalazioni di operazioni sospette fondate su indizi di evasione/elusione fiscale o, in generale, di violazione delle norme tributarie.
Massimo D’Amico – Centro Studi CGN