All’interno di questo blog, abbiamo avuto modo di introdurre alcuni degli aspetti più interessanti che caratterizzano il contratto di lavoro subordinato a tempo determinato, all’indomani delle modifiche apportate all’istituto dalla “Riforma Fornero”.
In particolare, abbiamo posto in evidenza “i numeri” che caratterizzano questa tipologia contrattuale, relativi a:
- la durata massima del primo contratto a termine, c.d. “acausale”, che non necessita cioè dell’indicazione delle ragioni di carattere tecnico, organizzativo, produttivo o sostitutivo;
- il numero massimo di giorni di prosecuzione “di fatto” del contratto;
- i cosiddetti termini di “stop&go”, vale a dire il numero di giorni di “intervallo” tra la data di scadenza di un contratto a tempo determinato e la possibilità di costituzione di un nuovo contratto;
- la durata massima (per sommatoria) del contratto a termine;
- i nuovi termini previsti dalla Riforma per l’impugnazione del contratto a termine
- la contribuzione addizionale per i rapporti di lavoro non a tempo indeterminato.
Il D.L. n. 76/2013 (cd. “Decreto Lavoro”) è intervenuto nuovamente su una pluralità di istituti inerenti il contratto di lavoro a tempo determinato: in questa sede ci concentreremo sulle modifiche apportate alla possibilità di stipulare il contratto a termine senza l’indicazione delle causali che ne giustificano il ricorso secondo la disciplina generale prevista dalla legge.
In primo luogo, giova ricordare come l’art. 1, c. 01 del D.Lgs. n. 368/2001, come modificato dalla L. n. 92/2012 (“Riforma Fornero”) prevede che “il contratto di lavoro subordinato a tempo indeterminato costituisce la forma comune di rapporto di lavoro”.
Posto tale principio generale, lo stesso decreto, al comma successivo, prevede che l’apposizione di un termine alla durata del contratto di lavoro subordinato è consentita unicamente a fronte di ragioni di carattere tecnico, produttivo, organizzativo o sostitutivo, anche se riferibili alla ordinaria attività del datore di lavoro.
Deroghe alla sussistenza delle motivazioni nel contratto a termine
Tuttavia, già con la stessa Riforma del luglio 2012 (e, successivamente, secondo le modifiche apportate dal “Decreto lavoro”) sono state previste due ipotesi di deroga al requisito dell’indicazione delle ragioni tecniche, produttive, organizzative o sostitutive per il ricorso al contratto a termine.
In particolare, l’indicazione delle motivazioni non è richiesta:
- nell’ipotesi del primo rapporto a tempo determinato, di durata non superiore a 12 mesi, concluso fra un datore di lavoro o utilizzatore e un lavoratore per lo svolgimento di qualunque tipo di mansione, sia nella forma del contratto a tempo determinato, sia nel caso di prima missione di un lavoratore nell’ambito di un contratto di somministrazione a tempo determinato;
- in ogni altra ipotesi individuata dai contratti collettivi, anche aziendali, stipulati dalle Organizzazioni sindacali dei lavoratori e dei datori di lavoro comparativamente più rappresentative sul piano nazionale.
Prorogabilità del contratto a termine acausale
Tra le modifiche più rilevanti introdotte dal citato D.L. 76/2013, vi è senza dubbio la nuova previsione relativa alla prorogabilità del primo contratto a termine acausale.
Infatti, secondo l’originale stesura dell’ art. 4, c. 2-bis, del D.Lgs. n. 368/2001, modificato dalla L. n. 92/2012, il primo contratto acausale non avrebbe potuto essere oggetto di proroga.
L’art. 7, c. 1, lett. b) del Decreto Lavoro ha invece abrogato proprio il comma 2-bis del citato articolo 4. Di conseguenza, allo stato attuale (a meno, quindi, di modifiche introdotte in sede di conversione in legge del decreto, da realizzarsi entro il termine del mese di agosto), il contratto “acausale” è prorogabile, anche con riferimento alla somministrazione a tempo determinato.
A parere di chi scrive, il termine di prorogabilità del contratto acausale è da ritenersi comunque attuabile entro il termine dei 12 mesi, originariamente previsti per la durata massima del rapporto in discorso (contratto a termine senza indicazione della motivazione).
Soggetti in mobilità
Un’ultima precisazione meritevole di attenzione riguarda una particolare ipotesi in cui non è richiesta la sussistenza delle motivazioni per l’apposizione del termine al contratto di lavoro subordinato: si tratta dei rapporti instaurati ai sensi dell’articolo 8, comma 2, della legge 223/1991 (lavoratori in mobilità): tale categoria infatti, al pari dell’altra casistica specificamente individuata dalla legge, resta esclusa dal campo di applicazione del D.Lgs. n. 368/2001, in quanto disciplinata da specifica normativa.
Stefano Carotti – Centro Studi CGN