Se il contratto sociale richiama le disposizioni del codice civile, quando muore uno dei soci “gli altri devono liquidare la quota agli eredi, a meno che preferiscano sciogliere la società ovvero continuarla con gli eredi stessi e questi vi acconsentano“. Ma come avviene l’attribuzione del reddito ai soci eredi?
La qualifica di socio non si assume automaticamente con l’accettazione dell’eredità di un soggetto che faceva parte di una società di persone, in quanto il principio dell’intuitus personae, richiede il consenso dei soci superstiti.
Quindi il chiamato all’eredità che accetta non diventa socio di una società di persone per il solo fatto di essere l’erede del socio che è deceduto, ma deve accordarsi coi soci superstiti per la continuazione della società. L’accordo può avvenire anche con fatti concludenti e senza forma scritta (Corte di Cassazione – sentenza n. 6849 del 16.12.1986).
Come è noto, il reddito conseguito da una società di persone in un determinato periodo d’imposta deve essere imputato per trasparenza ai soggetti che rivestono la qualità di socio alla data di chiusura del periodo di imposta stesso.
Di conseguenza, nessun reddito deve essere imputato al socio defunto; nemmeno quello relativo al periodo 1 gennaio – data di decesso.
Se però, alla data di chiusura del periodo di imposta, alcuni degli eredi del de cuius non sono ancora subentrati ad esso nella posizione di socio, l’imputazione per trasparenza del reddito avviene solo nei confronti dei soci superstiti e degli eredi che sono già divenuti soci a tale data.
Questo principio è contenuto nella risoluzione n. 157/E del 17.4.2008 che chiarisce il caso in cui alcuni chiamati all’eredità siano minorenni alla data dell’apertura della successione.
In questa situazione, ricordando che l’art. 320 del codice civile stabilisce che i genitori di minori d’età possono accettare o rifiutare eredità o legati solo con la preventiva autorizzazione del Giudice tutelare, la risoluzione fa presente che l’accordo per continuare il rapporto societario è subordinato alla richiesta e all’ottenimento dell’autorizzazione da parte del Tribunale (art. 2294 codice civile).
Pertanto, se alla fine dell’esercizio non è stata ancora avviata alcuna procedura nell’interesse dei soggetti minori, essi non sono subentrati ancora nella posizione sociale del dante causa per cui a tale data la compagine sociale risulta composta solo dai soci superstiti e dagli eredi maggiorenni.
Ai fini degli adempimenti di cui all’art. 5 del TUIR, il reddito di partecipazione dovrà essere imputato per intero e proporzionalmente ai soci che rivestono tale titolo al 31 dicembre, senza tener conto degli eventuali altri eredi.
L’eventuale successiva autorizzazione del Tribunale che, con efficacia retroattiva consentirà ai minori la continuazione del rapporto societario, produrrà effetti civilistici ma non fiscali, per cui un’eventuale distribuzione in periodi di imposta successivi (di utili accantonati in apposita riserva) conseguente all’intervenuta autorizzazione del Tribunale, non produrrà effetti di natura fiscale, essendo stato il reddito già imputato, ai sensi dell’art. 5 del TUIR, ai soci che risultano tali alla fine dell’anno.
Dott. Rag. Giuseppina Spanò – Palermo