La fatturazione di opere effettuate a “corpo” di una prestazione di servizi di impiantistica senza che venga specificato il costo della manodopera non costituisce violazione della disciplina che regolamenta il contenuto minimo della fattura. Ecco perché.
La necessità di ribadire il principio in questione scaturisce dal fatto che la Commissione tributaria provinciale di Mantova, con la sentenza n. 169/01/13 del 12 agosto scorso, ha annullato un avviso di accertamento emesso nei confronti di un’azienda che svolgeva l’attività di installazione di impianti elettrici.
In merito, l’Agenzia delle entrate aveva disconosciuto le scritture contabili dell’azienda in esame in ragione della “presunta” illegittimità delle fatture emesse che, sempre secondo l’Amministrazione finanziaria, contenevano una descrizione della prestazione insufficiente e, in particolare, non indicavano il costo della manodopera. Per tale motivo, considerate le presunte gravi irregolarità, veniva notificato un avviso di accertamento induttivo puro ai sensi dell’art. 39 del D.P.R. n. 600 del 1973.
Con particolare riferimento al contenuto della fattura, è opportuno ricordare che il comma 2, lett. b) del suddetto art. 21 del D.P.R. n. 633 del 1972 stabilisce che la fattura deve contenere la natura e la qualità dei beni ceduti e dei servizi prestati.
La previsione della “natura” e della “qualità” comporta il fatto che le indicazioni riportate in fattura devono essere sufficientemente dettagliate per identificare il bene o il servizio che ha formato oggetto della transazione. Relativamente al divieto di indicazioni generiche, a mero titolo di esempio, si ricorda il caso delle prestazioni rese dai dentisti e odontotecnici, per le quali è stato negato che la fattura possa limitarsi a una generica indicazione di “ciclo di cure medico-odontoiatriche specialistiche” o a espressioni analoghe, ma è necessaria l’indicazione analitica dei lavori eseguiti senza che per questo venga violata alcuna normativa in merito alla privacy del paziente.
Per la risoluzione della questione in esame, è necessario ricordare quanto previsto per le spese per interventi di recupero del patrimonio edilizio. Secondo l’art. 35, commi 19 e 20 del D.L. n. 223 del 2006, per le spese sostenute a decorrere dal 4 luglio 2006, l’agevolazione sopra ricordata era riconosciuta a condizione che il costo della relativa manodopera fosse evidenziato in fattura.
Contrariamente al disposto del 2006, tuttavia, l’art. 7, comma 2, lett. r) del D.L. n. 70 del 2011, convertito in legge n. 106 del 2011, con decorrenza 14 maggio 2011, ha soppresso l’obbligo di indicare in fattura il costo della manodopera utilizzata per l’esecuzione degli interventi stessi. Pertanto, tale indicazione non rappresenta più condizione di spettanza dell’agevolazione per il soggetto che sostiene la spesa. Da ultimo, anche l’Amministrazione finanziaria, con la circolare n. 19 del 1° giugno 2012, risposta 1.3, precisa che la soppressione dell’obbligo opera sia per le fatture emesse nel 2011, sia per quelle emesse negli anni pregressi.
Stante la novità introdotta dal D.L. n. 70 del 2011, la Commissione tributaria di Mantova ha concluso che “In base alla normativa vigente si deve escludere che l’indicazione del costo della manodopera, anche per le opere a corpo, sia un requisito essenziale della fattura”. Ne consegue che, in assenza di una violazione dell’art. 21 del D.P.R. n. 633 del 1972, che ricordiamo fissa il contenuto minimo che deve avere la fattura, “e quindi in assenza di quelle gravi irregolarità che rendono inattendibile la contabilità e legittimano l’induttivo”, l’avviso di accertamento spiccato nei confronti dell’azienda è stato interamente annullato.
Massimo D’Amico – Centro Studi CGN