Ricevere una busta dall’Agenzia delle Entrate non è mai una cosa bella! In genere, queste buste non promettono mai nulla di buono. Immaginate a cosa deve aver pensato la protagonista della vicenda che sto per raccontarvi quando si è vista notificare un accertamento sul reddito dell’attività professionale.
La vicenda riguarda una professionista, un medico, socia di una grande associazione professionale. L’Agenzia delle Entrate aveva notificato alcuni avvisi di accertamento allo studio associato contenente il maggior reddito per le diverse annualità oggetto di rettifica. Per “trasparenza” poi notificava avvisi di accertamento sui redditi alla professionista e a tutti gli altri soci dello studio professionale.
La professionista proponeva ricorso chiedendo l’annullamento della rettifica. La Commissione Tributaria Provinciale, sulla base del verdetto della Commissione Tributaria Regionale riferito all’atto impositivo dello studio associato che nel frattempo aveva fatto ricorso (vincendo), accoglie le doglianze della professionista.
I giudici di secondo grado, avendo la professionista documentato l’annullamento degli avvisi di accertamento riguardanti lo studio associato, osservavano come la quota di partecipazione a carico della professionista ai fini Irpef discendeva automaticamente dalla detta sentenza, ed era pertanto pari all’imponibile dichiarato, essendo stati annullati i vari avvisi di accertamento emessi dall’Agenzia delle Entrate nei confronti dello studio associato.
I giudici della Suprema Corte, con la sentenza del 6 novembre 2013, n. 24901, hanno respinto il ricorso dell’Agenzia delle Entrate, che aveva chiesto il riesame del verdetto della sentenza della Commissione Tributaria Regionale del Lazio che aveva confermato l’annullamento degli avvisi di accertamento dell’Ufficio.
Quindi, niente maggiori imposte per il professionista che riceve un accertamento della maggiore Irpef in conseguenza di una rettifica del reddito a carico dello studio associato di cui è socio. La rettifica nei confronti dell’associazione professionale ha ricadute anche sull’accertamento Irpef a carico dell’associato. Inutile sostenere il contrario.
Con il ricorso in cassazione, l’Agenzia delle Entrate sosteneva che l’annullamento della rettifica del reddito a carico dello studio associato non poteva avere effetti nel giudizio contro l’avviso di accertamento, ai fini Irpef, del reddito di partecipazione dell’associato quando non si sia formato il giudicato sul detto primo annullamento, come nel caso esaminato, stante la pendenza del giudizio di cassazione. Motivazione che però è stata respinta dai giudici di legittimità.
Secondo i giudici della Suprema Corte infatti, dal definitivo annullamento degli avvisi di accertamento per le annualità oggetto di rettifica emessi dall’Agenzia delle Entrate nei confronti dello studio associato e dai quali erano stati emessi per trasparenza gli avvisi nei confronti della contribuente, deriva l’annullamento di questi ultimi atteso il rapporto di stretta dipendenza pregiudiziale tra gli uni e gli altri impositivi, quindi anche indipendentemente dalla circostanza che nei rispettivi giudizi le parti siano state ovviamente differenti.
Inoltre, i giudici puntualizzano che il giudicato esterno deve essere rilevato d’ufficio anche quando si sia formato successivamente alla pronuncia impugnata.
E nel caso consegua a una sentenza della Corte di cassazione, come avvenuto nel caso in esame, il giudice deve provvedere, anche autonomamente, alla sua ricerca sulla scorta per esempio della raccolta ufficiale di massime e pronunce, per evitare il contrasto di giudicati e garantire l’esatta osservanza e l’uniforme interpretazione delle norme.
Insomma, la vicenda della professionista questa volta si è conclusa bene, ma quante volte va così? E a quale prezzo?
Antonino Salvaggio – Centro Studi CGN