Facile parlare di marketing e di strategie di differenziazione se si opera nel mercato dell’alta moda, altrettanto facile se si vendono prodotti benessere o viaggi. Ma vogliamo parlare del servizio di assistenza fiscale? Come faccio a differenziarmi se sono un commercialista? Come posso far percepire d’appeal il fatto di dover pagare le tasse e redigere il Modello 730? Difficile, molto difficile… Difficile, ma non impossibile se metto in pratica qualche piccolo trucco. Scopriamo di più nell’articolo.
Il servizio di assistenza fiscale al contribuente privato è diventato oggi giorno una commodity (*), ossia un servizio altamente fungibile sul mercato e indifferenziato. In altre parole l’offerta di commercialisti e consulenti del lavoro tende ad essere priva di grandi differenze qualitative, l’unica differenza e concorrenza rischia di essere fatta sul prezzo.
La percezione dei clienti finali circa il tema fiscale è tendenzialmente negativa, basti pensare ad alcune affermazioni ricorrenti dei contribuenti sul tema “commercialista”. Ad esempio:
- il commercialista non è un consulente che voglio avere, ma che DEVO avere;
- ciò che produce il commercialista ha a che fare esclusivamente con le tasse e non con l’efficienza della mia azienda;
- meno spendo dal commercialista e meglio è!
Le parole “commercialista”, “fiscale”, “tasse” e “tributi” sono percepite con una forte accezione negativa da parte del contribuente, rappresentano quindi un ostacolo alla differenziazione e allo sviluppo del giro d’affari del professionista.
Come fare dunque? Come riuscire a far percepire il reale valore dell’attività di assistenza fiscale e restituire al ruolo del commercialista il giusto riconoscimento da parte del mercato?
La risposta a tutte queste domande è la differenziazione: differenziazione nel nome, nell’approccio, nelle modalità di comunicazione e nello stile.
Vediamo qualche piccolo suggerimento pratico:
- Eliminare i termini percepiti negativamente dal cliente, abituarsi a parlare di “consulenza fiscale” e valorizzare il ruolo di “consulente personale” anziché commercialista o consulente del lavoro.
- Prestare attenzione alla comprensione del servizio da parte del cliente, farne percepire l’unicità e non dare per scontato nulla. Spesso la resistenza al prezzo o la tendenza a sminuire il valore di un servizio è frutto dell’incapacità di comprendere ciò che si sta acquistando e quindi attribuirvi un valore reale.
- Essere chiari sul prezzo fin da subito, esplicitare i contenuti dell’offerta e le voci che rientreranno nella parcella a fine anno. L’obiettivo non è di garantire un prezzo più basso della concorrenza o fare uno sconto al cliente, l’importante è rendere consapevole e perfettamente informato il contribuente.
- Organizzare dei piccoli eventi formativi e informativi per i propri clienti, per far comprendere il servizio e favorire le relazioni (e il passaparola) tra i nostri già clienti.
- Investire sulla comunicazione e il marketing, cercando di avere uno stile di comunicazione creativo e diverso dalle solite comunicazioni professionali. Provare nuovi canali di comunicazione e nuove occasioni di contatto vicine al consumatore finale.
- E infine, crederci! Credere fino in fondo al valore del servizio reso e prestare sempre ascolto alle esigenze di mercato.
Non aspettatevi di vedere cambiamenti repentini. Non esiste una ricetta magica che dall’oggi al domani possa far cambiare il percepito del mercato, ma l’importante è iniziare e non arrendersi alle prime difficoltà. Buon lavoro!
Marilena Antonini – Responsabile Marketing e Comunicazione Gruppo Servizi CGN
(*) Commodity: è un termine inglese che indica un bene per cui c’è domanda ma che è offerto senza differenze qualitative sul mercato ed è fungibile, cioè il prodotto è lo stesso indipendentemente da chi lo produce.