La valutazione delle attività e delle spese da capitalizzare è un attività che deve essere svolta con estrema cautela. Talvolta può accadere che la scelta sia quella di svalutare i cespiti. Vediamo insieme come ci si deve comportare in questo caso.
Contabilmente la svalutazione può essere operata ogni volta che il valore iscritto a bilancio non risulta rispecchiare il valore da esso recuperabile. Spieghiamoci meglio. Se a fine esercizio ci si rende conto che quel determinato cespite iscritto al costo di produzione o d’acquisto al netto del fondo ammortamento ha un valore inferiore a quello recuperabile (tramite la normale attività d’impresa), l’immobilizzazione deve essere iscritta a bilancio al minor valore. Ma cosa s’intende per valore recuperabile?
Per rispondere a questa domanda ricorriamo all’OIC 24. Per le immobilizzazioni immateriali, il valore d’iscrizione rilevato al costo d’acquisizione non può superare “il valore recuperabile, definito come il maggiore tra il presumibile valore realizzabile tramite alienazione ed il suo valore in uso”. Quindi, per calcolare il valore recuperabile dobbiamo specificarne le sue componenti:
- valore realizzabile tramite l’alienazione: ricavato dalla cessione del cespite in un mercato di trasparenza informativa e fra soggetti interessati alla vendita (al netto di eventuali oneri determinanti dalla cessione del bene);
- valore d’uso: valore attuale dei flussi di cassa futuri generati dall’utilizzo del cespite lungo tutta la sua vita utile. Occorre quindi stimare i flussi di casa positivi e negativi determinanti dall’utilizzo del bene, la sua vita utile ovvero l’eventuale cessione nonché tassi d’attualizzazione appropriati.
Particolare attenzione va posta nel momento in cui l’impresa versa in situazione di difficoltà economica e voglia svalutare delle immobilizzazioni. In questo contesto sarà doveroso dimostrare, con adeguata documentazione, che l’attività d’impresa continui almeno fino alla data di cessione del bene ovvero fino al termine della vita utile. Infatti, questa è un’informazione essenziale per poter calcolare il valore d’uso (prospettiva della continuità dell’attività).
Come previsto dall’OIC 16, che disciplina le immobilizzazioni materiali, il valore iscritto a bilancio sarà il valore recuperabile tramite l’uso per i cespiti che vengono mantenuti all’interno dell’organizzazione, mentre quelli destinati alla cessione vanno valutati al minore tra il valore netto contabile e il valore realizzabile tramite l’alienazione (valore netto di realizzo). Inoltre, precisa lo stesso OIC, “la necessità di effettuare una svalutazione del valore delle immobilizzazioni materiali può derivare da errori di progettazione o di costruzione, ovvero da cambiamenti tecnologici, da cambiamenti dei prodotti ecc”.
Le perizie di esperti e i piani futuri di impiego delle immobilizzazioni materiali sono documenti importanti che possono essere utilizzati per comprovare la perdita di valore. Nel caso di persistenza di perdite d’esercizio, queste informazioni sono fondamentali per supportare il fatto che la svalutazione non dovrà essere effettuata, in quanto si stima che la situazione sia solo transitoria o/e si rende opportuno rimandare tale decisione al futuro.
In conclusione, si ricorda che secondo il principio di prudenza, le perdite determinate da eventi straordinari devono essere rilevate in bilancio nel momento in cui si possono prevedere. Spesso, infatti, ci sono dei sintomi che possono indurre a pensare che ci sarà una possibile perdita in taluni cespiti quali ad esempio il mancato sfruttamento d’impianti per modifiche dei prodotti ovvero l’eccesso di capacità produttiva per contrazione del mercato di sbocco.
Inoltre, se in un periodo successivo a quello in cui è stata rilevata la svalutazione ne vengono meno i motivi, il valore così iscritto a bilancio non può essere mantenuto. Infatti, il costo deve essere ripristinato totalmente o parzialmente tenendo conto degli ammortamenti che sarebbero stati rilevati in assenza di svalutazione. Il ripristino di valore va iscritto nel conto economico specularmente rispetto all’operazione che lo aveva generato.
Federica Berti – Centro Studi CGN