Quella del bonus arredi è la storia di un pasticcio all’italiana. Si introduce un vincolo, ci si rende conto dell’errore, a distanza di tre giorni la norma viene abrogata per decreto, che non viene convertito. Si riscrive il decreto dimenticando di correggere l’errore, la norma che non si voleva che entrasse in vigore alla fine diventa operativa e, a questo punto, si annunciano i rimedi alla norma che non si voleva che entrasse in vigore.
È il classico caso da manuale di come rendere complicate le cose semplici, confondendo i contribuenti, irritando gli operatori e penalizzando uno dei settori (quello del legno) che segnalava timidi segnali di ripresa, anche grazie alle agevolazioni fiscali in vigore.
Ecco in sintesi i passaggi salienti della vicenda.
- La Legge di Stabilità per il 2014 ha prorogato fino al prossimo 31 dicembre 2014 la detrazione IRPEF del 50% per l’acquisto di mobili e di grandi elettrodomestici (con determinate caratteristiche) finalizzati all’arredo “dell’immobile oggetto di ristrutturazione” (c.d. “bonus arredamento”). La versione definitiva del provvedimento prevedeva, inoltre, all’art. 139, lett. d), n. 3, capoverso 2, il principio per il quale “Le spese per l’acquisto di arredi e grandi elettrodomestici non possono essere superiori a quelle sostenute per i lavori di ristrutturazione”.
- Il Decreto denominato Salva Roma Bis (art. 1, comma 2, lett. a) del D.L. 151/2013 del 30 dicembre corregge il tiro sopprimendo l’articolo “affossa bonus arredi”.
- Il Decreto Legge Salva Roma Bis non viene convertito in legge, con la conseguente entrata in vigore con effetto retroattivo dal 1 gennaio 2014 della disposizione secondo cui gli acquisti di arredi e di grandi elettrodomestici destinati agli immobili ristrutturati non possono essere superiori a quelli sostenuti per i lavori di ristrutturazione dell’immobile.
- I contenuti del Decreto Legge Salva Roma Bis (D.L. 151/2013) vengono riversati, unitamente ad altri interventi concernenti la fiscalità locale, in un nuovo decreto, denominato Salva Roma Ter (D.L. n. 16 del 6 marzo 2014), non riproponendo però la norma salva bonus arredi.
- Anche per via delle proteste degli addetti ai lavori del settore interessato, fonti parlamentari fanno sapere che si cercherà di porre rimedio nel più breve tempo possibile, inserendo la norma salva bonus arredi già in sede di conversione del Decreto Legge oppure in uno dei prossimi interventi legislativi di natura fiscale.
Per il momento, il bonus arredi osserverà un doppio limite di spesa:
- l’ammontare complessivo della spesa su cui calcolare la detrazione del 50% non può essere superiore a € 10.000;
- le spese per gli acquisti di mobili e grandi elettrodomestici non possono essere superiori a quelle per i lavori di recupero edilizio.
Un esempio può aiutare a comprendere la portata della norma. Se un contribuente spende € 4.000 per opere qualificate di manutenzione straordinaria (allargamento porte, creazione di un vano ecc.) e allo stesso tempo spende € 7.500 per arredare il vano ricavato, potrà fruire:
- del 50% di € 4.000, pari a € 2.000, a titolo di detrazione principale per le spese di recupero;
- del 50% di € 4.000, pari sempre a € 2.000, a titolo di ulteriore detrazione per l’acquisto di mobili e grandi elettrodomestici.
Le agevolazioni vengono fruite in 10 anni, mediante quote costanti da indicare in sede di dichiarazione dei redditi.
La norma salva bonus arredi consentirebbe al contribuente di calcolare l’ulteriore detrazione su € 7.500, per un ammontare pari a € 3.750, a prescindere dall’importo dei lavori di recupero, così come avvenuto finora.
Per non perdere quella differenza, il contribuente dovrà programmare altri lavori edili (magari inutili) per allineare le spese per il recupero edilizio a quelle per l’acquisto di arredi.
L’Agenzia delle Entrate ha avuto modo di precisare (circ. n. 29/E/2013) che i lavori di recupero valevoli per beneficiare dell’ulteriore detrazione sono quelli relativi:
- alla manutenzione straordinaria (ordinaria solo per le parti comuni);
- restauro e risanamento conservativo;
- ristrutturazione e ricostruzione o ripristino di immobili danneggiati da eventi calamitosi;
- acquisto di abitazioni in fabbricati completamente ristrutturati.
L’esecuzione di tali lavori lascia presumere il sostenimento di spese di notevole entità non ammettendo invece, quali lavori-presupposto per il bonus arredi, le altre tipologie di lavori, pur rientranti nell’art. 16-bis del TUIR, che potrebbero (a volte) dar luogo a spese di limitato importo, quali:
- opere per il contenimento acustico o per il risparmio energetico;
- adozione di misure di prevenzione di atti illeciti o volte ad evitare gli infortuni domestici;
- realizzazione di autorimesse pertinenziali;
- eliminazione di barriere architettoniche;
- cablatura degli edifici.
Nel corso di Telefisco 2014, l’Agenzia delle Entrate è stata interpellata in merito alla tassatività di tale distinzione, che non trova un evidente riscontro normativo. Secondo i tecnici del fisco, gli interventi che danno diritto al bonus arredi sono solo quelli inquadrabili tra gli interventi edili. Gli altri interventi di per sé non potrebbero essere considerati quali lavori-presupposto per fruire del bonus arredi, salvo che non rientrino o siano riconducibili (almeno) tra i lavori edili di manutenzione straordinaria.
La posizione dell’Agenzia è conforme all’orientamento della Corte di Cassazione, che prevede un’applicazione di stretta interpretazione delle norme agevolative in quanto derogano al principio generale di capacità contributiva.
La norma “affossa bonus arredi”, che si affianca ad altre limitazioni di carattere normativo ed interpretativo, non sarebbe dovuta entrare in vigore sin dal’inizio (troppo semplice?). Non ci resta che aspettare la correzione auspicando che non ci siano altri pasticci.
Nicolò Cipriani – Centro Studi CGN