Altro colpo di scalpello al nuovo redditometro da parte della recente circolare n.6/E dell’Agenzia delle Entrate, in risposta al parere rilasciato dal Garante della privacy lo scorso 21 novembre sull’attuale versione dello strumento di accertamento sintetico in oggetto. Ora il redditometro è davvero pronto a partire. Vediamo nel dettaglio le principali novità.
Precisato che la previsione del doppio contraddittorio pare neutralizzare il divieto dell’articolo 14 comma 1 del D.Lgs. n.196/03 (“Codice della privacy”), relativo ai provvedimenti automatizzati fondati su aspetti umani soggettivi, il documento di prassi si sofferma sul concetto di “famiglia fiscale”.
Tale configurazione familiare è rilevante per individuare il cosiddetto “lifestage”, classificazione di nuclei domestici utilizzata per individuare e suddividere tra i membri una serie di spese presunte, sulle quali si tornerà fra breve.
L’auspicio dell’Agenzia è che la struttura della famiglia in discorso, che trae origine dalle informazioni riportate nelle dichiarazioni presentate dai contribuenti, si allinei alla situazione effettiva, presumibilmente risultante dall’anagrafe.
Da questo punto di vista elementi di divergenza possono ravvisarsi nella presenza di soggetti fiscalmente non a carico, come figli maggiorenni, altri familiari o conviventi non legati da parentela.
Fra l’altro la presenza di familiari con redditi elevati consente di giustificare eventuali scostamenti rilevati dal redditometro, come si legge in un chiarimento molto importante contenuto nel paragrafo 2.1 della circolare.
Pertanto lo stesso contribuente ha interesse a segnalare eventuali carenze presenti nell’anagrafe tributaria, che a regime dovrebbero essere superate dal perfezionamento dell’Anagrafe Nazionale della Popolazione Residente, valida in ogni ambito.
La struttura familiare concorre altresì ad attribuire il “fitto figurativo” a quei soggetti che non risultano dimorare in alcuna abitazione, in quanto formalmente non titolari di diritti reali o di godimento.
La circolare conviene che questo elemento reddituale non rilevi in fase di selezione dei contribuenti da convocare al primo contraddittorio, come stabilito dallo stesso Garante.
Su questo punto viene inoltre raccomandato di comunicare eventuali unità utilizzate, sconosciute all’anagrafe civile e tributaria, così da rendere la stima dei costi relativi più circostanziata.
Il cuore del documento è quello dedicato alla conferma sul definitivo superamento delle cosiddette “spese Istat”, elementi reddituali presunti relativi a voci di spesa ricorrenti quantificate in base a classificazioni geografiche e familiari.
Varie sono state, infatti, le critiche mosse a questa categoria dal parere del Garante, che hanno condotto al giudizio sulla loro illegittimità.
In sintesi, gli appunti mossi dall’Autorità di garanzia ruotano intorno a:
- ripartizione geografica delle classi di contribuenti, senza distinzione tra varie zone della stessa città o comuni della stessa area con numero di abitanti significativamente diverso;
- tipologia dei consumi variabile rispetto ai diversi livelli di reddito della popolazione;
- propensione al risparmio oscillante in relazione all’importo complessivo dichiarato.
Tutte queste considerazioni dimostrano l’esistenza di notevoli divari socio-economici tra soggetti accomunati nel medesimo segmento di spesa presunta.
Inoltre il diritto di difesa risulterebbe menomato dalla difficoltà nel ricostruire, a distanza di diversi anni, i flussi di uscite effettive, in quanto dimostrabili con documenti senza obbligo di conservazione e, spesso, nemmeno intestati.
Alla luce di tutto ciò non si comprende per quale motivo l’Agenzia consideri valido l’utilizzo delle stesse statistiche Istat ai fini della categoria reddituale rappresentata dalle “spese per elementi certi”, quali ad esempio i costi di manutenzione dell’abitazione o dei veicoli.
A questo proposito va ricordato che la circolare non rappresenta una fonte normativa, bensì un corpo di direttive agli uffici finanziari non vincolante per i contribuenti e non incidenti, quindi, sull’obbligazione tributaria.
Escono indenni dal vaglio del Garante le “spese certe”, le “spese per incrementi patrimoniali” e la “quota di risparmio formata”.
In questi casi, se non sono attivabili strategie difensive, è opportuno controllare l’esattezza numerica dei dati presenti nell’anagrafe tributaria prima di metter mano al portafogli, come ricorda la circolare.
Alessandro Tentoni