Vediamo come, attraverso l’analisi del bilancio, possiamo esprimere un giudizio sullo stato di salute dell’impresa, sulla sua capacità di creare valore e remunerare i fattori impiegati nel processo produttivo.
La valutazione della gestione aziendale coinvolge i seguenti aspetti:
- equilibrio economico;
- equilibrio patrimoniale;
- equilibrio finanziario.
In questo articolo, approfondiamo l’aspetto economico ovvero la relazione tra costi e ricavi per comprendere le variabili determinanti della redditività intesa come capacità di generare un reddito compatibile con gli obiettivi aziendali.
Il bilancio di esercizio redatto secondo le disposizioni del codice civile (o secondo i principi contabili internazionali IAS/IFRS) costituisce il punto di partenza dell’analisi. Tuttavia, gli schemi tradizionali del bilancio hanno finalità espositive che spesso non rispondono alle esigenze dell’analista. La riclassificazione dei prospetti contabili è lo strumento che ci permette di superare questo gap e consiste nella riorganizzazione dei dati esposti nel bilancio al fine di evidenziare aggregati e fenomeni che permettono di interpretare le dinamiche aziendali. Ci sono differenti modalità di aggregazione delle poste contabili e la scelta dipende sia dagli obiettivi conoscitivi sia dalla prospettiva dell’analista.
Dopo la riclassificazione dei prospetti contabili, l’analista procede con l’elaborazione di indici utili al fine di esprimere un giudizio di sintesi sulla gestione aziendale. Qui di seguito analizziamo alcuni indicatori della redditività aziendale. La caratteristica comune a tutti questi rapporti è che il frutto della gestione viene rapportato alle risorse che sono state impiegate per generarlo.
Il primo indice è il ROI (return on investment) che misura la redditività del capitale investito nella gestione operativa a prescindere da come l’impresa è finanziata. Questo indice è ottenuto dal rapporto tra il reddito prodotto dalla gestione operativa e l’ammontare di investimenti effettuati per poterlo conseguire.
Il ROI può essere scomposto in due componenti: il ROS (return on sales) e il tasso di rotazione del capitale investito (asset turnover). Il primo indice, dato dal rapporto tra il reddito operativo e i ricavi di vendita, esprime la redditività delle vendite e misura la frazione del fatturato che avanza dopo la copertura dei costi operativi e, quindi, può essere impiegata per il pagamento degli oneri finanziari e delle imposte sul reddito. Il secondo termine, pari al rapporto tra il fatturato e il capitale investito, esprime l’efficienza nella gestione degli investimenti e misura il fatturato prodotto per ogni euro di attività investite nell’impresa.
Il ROE (return on equity) misura la redditività del capitale proprio ovvero il rendimento ottenuto dai soci. È calcolato rapportando l’utile dell’esercizio al patrimonio netto che include sia il capitale apportato dai soci sia gli utili non distribuiti.
Il ROE può essere espresso anche come prodotto di tre distinti indicatori economici. Il primo termine è rappresentato dal ROI che abbiamo analizzato in precedenza. Il secondo termine, calcolato come rapporto tra il capitale investito e il capitale proprio, è un indicatore della struttura patrimoniale e misura il livello di indebitamento dell’impresa. Il terzo fattore, pari al rapporto tra l’utile di esercizio e il reddito operativo, misura l’incidenza della gestione finanziaria, delle componenti straordinarie e delle imposte sul reddito.
Il ROD (return on debt) quantifica il costo medio del capitale preso a prestito e, allo stesso tempo, la redditività ottenuta dai finanziatori. Questo indice è pari al rapporto tra gli oneri finanziari e i debiti finanziari.
La differenza tra ROI e ROD ha un grande significato. Quando il ROI è maggiore del ROD l’impresa ha convenienza a finanziare gli investimenti indebitandosi. Infatti, il rendimento che l’impresa ottiene investendo le risorse prese a prestito (ROI) è maggiore del costo sostenuto per acquisirle (ROD).
Una volta calcolati questi indici, sorge spontanea una domanda: come possiamo valutare la loro bontà? Non è possibile determinare degli standard ottimali quindi i valori dovranno essere confrontati con la media del settore e dovrà essere valutato il loro andamento nel tempo.
In conclusione, possiamo dire che l’analisi della redditività guarda al passato, ma allo stesso tempo evidenzia alcune criticità su cui l’impresa può lavorare per ottenere risultati migliori in futuro.
Fabio Carnelos – Centro Studi CGN