La certificazione delle ritenute in acconto subite è uno dei temi più sentiti da parte dei professionisti in sede di elaborazione della dichiarazione dei redditi. Il meccanismo, nonostante sia noto e codificato da tempo, può dar luogo in alcuni casi a problematiche assai delicate, che analizziamo in questo articolo.
L’articolo 25 del DPR 600/73 obbliga il committente (denominato sostituto d’imposta) a trattenere il 20% del compenso spettante al professionista (denominato sostituito), con obbligo di versare la ritenuta all’erario a titolo di acconto ai fini IRPEF in favore dello stesso professionista.
In sede di dichiarazione dei redditi, il professionista sostituito potrà scomputare tali ritenute dal proprio debito IRPEF documentando l’operazione con la certificazione ricevuta da parte del sostituto d’imposta.
La questione più importante riguarda la mancata ricezione della certificazione delle ritenute da parte del sostituto entro il 28 febbraio. In tali ipotesi il professionista sostituito, trascorso il termine stabilito entro il quale doveva essere rilasciata la certificazione, dovrà sollecitare al sostituto il rilascio della certificazione.
Può accadere che il professionista, per le più svariate ragioni, non riesca ad ottenere la certificazione dei compensi e delle ritenute subite.
Tale fattispecie viene trattata e risolta dalla stessa Amministrazione Finanziaria nella R.M. 68/E/2009, dove si prevede la possibilità di utilizzare certificazioni diverse rispetto a quelle rilasciate dal sostituto. Secondo l’Amministrazione Finanziaria, il contribuente può scomputare le ritenute purché sia in grado di documentare, in maniera inequivocabile, di averle effettivamente subite.
La prova può essere fornita mediante:
- fattura con esposizione della ritenuta;
- documentazione bancaria attestante che le somme incassate siano corrispondenti al netto fatturato.
La documentazione probatoria deve essere accompagnata, in sede di controllo ex art.36-ter, da una dichiarazione sostitutiva di atto notorio (ex art.47 del DPR n.445/00) con la quale il lavoratore autonomo attesta che:
- la documentazione del pagamento si riferisce ad una fattura regolarmente registrata nelle scritture contabili;
- a fronte della stessa non vi sono stati altri pagamenti da parte del sostituto d’imposta.
La procedura appena illustrata mette in difficoltà il professionista, con la prospettiva di perdere le ritenute subite quando:
- non si possieda la certificazione del sostituto d’imposta;
- il pagamento sia avvenuto in contanti.
Il mancato versamento delle ritenute effettuate è un tema che divide anche la giurisprudenza. La Corte di Cassazione ha sempre avuto una posizione rigida e controversa ritenendo addirittura il professionista responsabile in solido per l’omesso versamento in questione (cfr. sentenze n. 14033/2006 e n. 12072/2008). La posizione più rigorosa da parte della Corte di cassazione è orientata:
- a non riconoscere la possibilità in capo al professionista di detrarsi le ritenute in assenza della certificazione;
- a non legittimare altri documenti equipollenti in sostituzione della certificazione da parte del sostituto.
Sempre più spesso, però, la giurisprudenza della Commissione Tributaria si è espressa in maniera favorevole per il contribuente. In diverse occasioni i giudici hanno ricordato che il professionista/sostituito non può essere ritenuto responsabile dell’operato del committente/sostituto, visto che, tra l’altro, a differenza degli uffici finanziari, egli non dispone di poteri coercitivi nei confronti di quest’ultimo e dovrebbe intentare una causa civile per l’ottenimento della certificazione. Inoltre, l’Agenzia delle Entrate, per appurare la veridicità delle affermazioni del contribuente, potrebbe agire nei confronti del sostituto azionando i propri poteri di richiesta di dati e informazioni. Non va trascurata l’utilità dell’enorme mole di dati informativi disponibili nelle banche dati, grazie alle quali è possibile verificare se la mancata trasmissione della certificazione corrisponde a una negligenza o ad un effettivo mancato versamento (Ctp Milano n. 111/2009, Ctp Treviso n. 105/2010, Ctp Brindisi n. 106/2013).
Per superare il contrasto giurisprudenziale sull’argomento, da più parti si auspica un intervento legislativo, anche nella forma dell’interpretazione autentica, che liberi il professionista da qualsiasi responsabilità in caso di omesso versamento delle ritenute legittimando la possibilità di dimostrare di aver subìto la ritenuta con documentazione ulteriore a supporto.
Nicolò Cipriani – Centro Studi CGN