Il rapporto di lavoro degli amministratori di società è tipicamente ricondotto, per le attività proprie della carica sociale, allo schema delle collaborazioni coordinate e continuative e, dunque, della parasubordinazione. Vediamo come viene disciplinato questo tipo di collaborazione.
Costituisce un’eccezione il caso in cui il rapporto di amministrazione sia costituito in capo ad un soggetto appartenente ad un ordinamento professionale che contempli espressamente l’attività di amministrazione tra le attività proprie della categoria professionale.
La configurazione (parasubordinata) dell’attività dell’amministratore è peraltro tipizzata:
- dall’art. art. 50 c.1 lett. c) bis T.U.I.R., che assimila le somme percepite dagli amministratori di società ai redditi da lavoro dipendente;
- dall’ art. 61, c. 3 del D.Lgs. n. 276/2003, che sottrae dalla disciplina delle collaborazioni coordinate e continuative a progetto i componenti degli organi di amministrazione e controllo delle società e i partecipanti a collegi e commissioni.
È possibile che, in capo al medesimo soggetto investito della carica di amministratore di società, componente di CdA, qualora lo stesso svolga attività lavorativa nei confronti della società medesima, vengano contemporaneamente a costituirsi anche ulteriori rapporti di lavoro, tra cui quello di lavoro dipendente.
Come anche ribadito dalla recente giurisprudenza, perché in capo allo stesso soggetto coesistano sia la carica di amministratore che il rapporto di lavoro subordinato, devono ricorrere due condizioni:
- l’attività lavorativa svolta dall’amministratore deve essere diversa da quella attinente la carica sociale;
- con riferimento all’organo sociale, devono essere individuabili:
- esercizio di potere direttivo sull’amministratore, quindi distinzione tra organo gestorio del rapporto di lavoro ed esecutore della prestazione;
- formazione di una volontà imprenditoriale autonoma da quella dell’amministratore (delegato);
- concreto assoggettamento al potere disciplinare degli altri amministratori.
Poste tali premesse, con particolare riguardo alla figura dell’amministratore unico, la risposta al quesito sulla possibilità di costituire in capo a tale figura un rapporto di lavoro subordinato è piuttosto naturale: in questa particolare conformazione del soggetto amministrativo, non può, infatti, costituirsi un rapporto di lavoro subordinato.
Ciò, in quanto non è possibile individuare una volontà e un potere imprenditoriale distinti da quelli dell’amministratore e dunque ricollegare a tale distinta volontà la costituzione di un rapporto di lavoro subordinato.
In effetti, l’amministratore unico riunisce tutti i poteri di gestione, comando e disciplina e, in quanto tale, non potrebbe costituire un rapporto di lavoro subordinato con sé stesso.
Stefano Carotti – Centro Studi CGN