Ad un primo sguardo d’insieme il conferimento d’azienda può apparire un’operazione del tutto simile alla scissione, tranne che per il soggetto destinatario delle quote o azioni che emette la conferitaria/beneficiaria in pagamento dell’apporto, nel primo caso la società conferente, nel secondo i soci della scissa.
Potrebbe anche preesistere, come noto, una partecipazione della società che riceve il complesso aziendale in quella che esegue il trasferimento, determinando in entrambi i casi l’annullamento dei titoli in proporzione al valore scorporato, prima di procedere ad eventuali nuove emissioni a conguaglio.
In realtà i due istituti presentano diverse peculiarità, alcune estremamente incisive nell’applicazione ai casi concreti.
Innanzitutto il conferimento d’azienda, non disciplinato autonomamente dal codice civile come per l’analoga figura della cessione, è esperibile anche da un imprenditore individuale (come soggiunge la normativa fiscale all’articolo 176 comma 2-bis del Tuir), compresa ovviamente la tipologia dell’impresa familiare, oltre che da quelli collettivi (società, enti economici, o che svolgono attività economica non prevalente).
Si noti poi che la scissione, che in astratto potrebbe interessare anche un singolo bene, non può mai coinvolgere l’intera azienda, a differenza del conferimento.
Infatti, da questo punto di vista, la scissione può risultare parziale, ma anche nella versione totale, a fronte dell’estinzione della scissa, richiede necessariamente almeno due beneficiarie, pena la sovrapposizione con altre fattispecie (fusione per incorporazione, trasformazione, mero cambio di soggetto giuridico della stessa specie).
Questa considerazione non è priva di effetti dal punto di vista della valutazione economica dell’unità da scindere, in quanto la definizione del valore di un singolo ramo può risultare ancor più problematica e soggettiva rispetto ad un’azienda intera, specie in presenza di singole divisioni non bene delineate e quindi con funzioni, asset e costi in comune.
Altro aspetto di originalità dei due istituti è costituito dalla maggior agilità procedurale del conferimento, che rappresenta un’operazione propria dell’organo amministrativo di una società o ente, salvo diversa previsione statutaria o qualora induca in una srl una sostanziale modifica dell’oggetto sociale (art. 2479 comma 2 numero 5) del codice civile).
Nella scissione, viceversa, è richiesto di norma l’assenso dell’assemblea straordinaria delle società che realizzano l’operazione, con la delibera di approvazione del progetto e dei documenti depositati presso la sede sociale. Per deroga statutaria la decisione può essere attribuita agli amministratori, nei casi in cui la beneficiaria controlla al 100% o al 90%, la scissa (artt. 2505 e 2505 bis del codice civile, richiamati dall’articolo 2506 ter ultimo comma).
È quindi evidente che può risultare in pratica accessibile soltanto il conferimento, qualora si riscontrino difficoltà specifiche nella formazione delle maggioranze assembleari necessarie per la scissione.
Quest’ultima, inoltre, è scandita da fasi più o meno lunghe rese pubbliche dal deposito al registro imprese, che si snodano dal progetto all’atto pubblico, consentendo l’opposizione motivata ai creditori dissenzienti nei sessanta giorni successivi all’iscrizione delle delibere assembleari.
La perizia asseverata del complesso aziendale, invece, deve accompagnare il conferimento in società di capitali ai sensi degli articoli 2343 o 2465 del codice civile, mentre estrema incertezza regna nelle molteplici forme di scissione, vista l’unica presa di posizione del legislatore sull’argomento (art. 2506 ter terzo comma, che richiama l’art. 2501 sexies per il caso, in pratica, di scissa società di persone e beneficiaria società di capitali). Una stima ufficiale che si profila, peraltro, opportuna in ogni caso, quantomeno a tutela dell’operato degli amministratori.
Risulta poi centrale il tema della responsabilità verso i creditori sociali, assicurata nella scissione dal coinvolgimento solidale di ciascuna società partecipe per i debiti rimasti o assegnati alle altre, nei limiti del valore effettivo del patrimonio ricevuto o conservato.
Viceversa, nel conferimento trova applicazione l’articolo 2560 del codice civile relativo alla cessione d’azienda, per il quale il conferitario risponde solo dei debiti relativi all’impresa ceduta, risultanti dalle scritture contabili.
Quindi, in caso di apporto di un singolo ramo aziendale, i creditori delle altre divisioni rimaste nella conferente sono tutelati solo dalla presenza della eventuale partecipazione ricevuta.
Occorre, inoltre, prestare attenzione alla problematica della facoltà di recesso dei soci, acuita in particolare per le srl: per tali società, infatti, ricorre per i dissenzienti sia in ipotesi di scissione che di modifica sostanziale dell’oggetto sociale (art. 2473 primo comma del codice civile), come può riscontrarsi a seguito di un conferimento di un significativo ramo d’azienda.
Nelle spa, invece, occorre una modifica formale e rilevante dell’oggetto sociale (art. 2437 primo comma lettera a) del codice civile), salvo naturalmente una più estesa disposizione statutaria.
Alessandro Tentoni e Carlo Bacchetta – Studio Palmeri Commercialisti Associati