Fra le operazioni straordinarie la palma della complessità spetta alle fusioni e alle scissioni, specificamente rivolte agli imprenditori collettivi quali società o enti economici.
È infatti previsto un procedimento legale piuttosto articolato, pressoché analogo nelle due fattispecie, che si snoda attraverso gli amministratori (predisposizione del progetto e degli allegati, deposito presso la sede sociale e il registro delle imprese), l’approvazione dei soci, la stipula dell’atto pubblico in assenza di opposizioni dei creditori.
Unico anche il principio contabile dedicato dall’OIC, il numero 4, suddiviso peraltro in due sezioni.
Tra una fase e l’altra è fissato un intervallo di tempo, che nella fusione può essere ridotto in caso di partecipazione soltanto di società non azionarie.
Ulteriori semplificazioni ricorrono, in entrambi gli istituti, nel caso di incorporazione di società possedute almeno al 90%.
In generale la procedura si protrae per diversi mesi, senza che peraltro sia stato fissato un termine massimo.
A questo proposito il documento OIC menzionato precisa che, nelle more degli adempimenti, deve comunque essere predisposto l’ordinario bilancio d’esercizio, in linea con la previsione che l’operazione può ritenersi conclusa con l’iscrizione dell’atto pubblico nel registro delle imprese.
Riguardo la struttura generale dell’operazione, mentre la fusione può realizzarsi per unione in una nuova società o per incorporazione in un soggetto già esistente, la scissione presenta uno spiccato polimorfismo.
Infatti, le due operazioni sono assimilabili qualora i rami scissi confluiscono in una o più società preesistenti, con un effetto di concentrazione che è stato suggestivamente celebrato come “fusione parziale” e “fusione plurima”.
Viceversa, con beneficiarie di nuova costituzione si assiste ad uno smembramento della scissa che appare l’opposto del fine perseguito con l’integrazione.
Inoltre, nella fusione si verifica necessariamente lo scioglimento, senza liquidazione e quindi con immediata estinzione, di almeno una società, mentre nella tipologia della scissione parziale questa conseguenza è assente.
Anche il profilo tecnico richiede un’attenta architettura.
In primo luogo, nelle fusioni e nelle scissioni con assegnazione proporzionale delle quote o azioni delle beneficiarie ai soci della scissa (in assenza beninteso di una partecipazione preesistente), si prospetta un conflitto di interessi tra le compagini sociali delle diverse società.
Infatti, ciò che rileva per l’ottenimento di un quantitativo di titoli il più cospicuo possibile non è tanto la valutazione in termini assoluti della propria azienda, quanto in rapporto al valore assegnato alle altre.
Ad esempio, è preferibile che una società che deve fondersi per unione sia stimata 300, e la partner 100, piuttosto che entrambe 400.
Infatti nel primo caso avrebbe diritto al 75% del capitale sociale della società risultante dalla fusione, nel secondo al 50%.
Nelle scissioni non proporzionali, poi, si riscontra un secondo livello di conflitto.
Si tratta di apporti con assegnazione non omogenea dei titoli delle beneficiarie, o anche della stessa scorporante (scissione non proporzionale asimmetrica), tra i soci della scissa.
Così può avvenire che le quote o azioni corrispettivo di un primo scorporo vengano convogliate interamente ad un socio A, mentre quelle di un secondo ramo d’azienda per intero ad un socio B.
In questo caso l’interesse di A e B è di contenere il più possibile la valutazione economica delle divisioni scisse per le quali ricevono le rispettive partecipazioni, così da accampare richieste di conguaglio sul pacchetto dell’altro, o in denaro nei limiti del 10% del controvalore ricevuto.
A ciò si aggiungerebbe, come sottolineato, la prima forma di contrapposizione, con i soci dell’eventuale beneficiaria preesistente (con una distinta compagine sociale), in cui ciascun gruppo mira a massimizzare la stima del capitale economico del proprio complesso, così da incrementare o decrementare il valore dei titoli rispettivamente ricevuti ed emessi.
Ancor più problematica, infine, si dimostra la valutazione di enti economici pubblici o privati implicati nelle operazioni in commento, qualora presentino divisioni istituzionali con finalità senza fine di lucro e una corrispondente attività produttiva di servizi refrattaria a misurazioni di tipo numerico.
Carlo Bacchetta – Studio Palmeri Commercialisti Associati
Alessandro Tentoni – Studio Palmeri Commercialisti Associati