Siamo alle solite. Dopo decine di decreti che negli anni hanno stravolto l’impianto iniziale della norma, dopo la traumatica mini-IMU del 2013, è arrivato l’atteso Decreto del Ministero Economia e Finanze che ha rivoluzionato la disciplina dei Comuni montani, soppiantando l’attuale classificazione della Circolare numero 9 del 1993, con effetto retroattivo sul periodo d’imposta 2014. Nonostante il Decreto fosse previsto, ha provocato molto più dell’immaginabile disagio: ricostruiamo tutta la vicenda dall’inizio.
L’articolo 22 del D.L. 66/2014 del giugno scorso, il così detto Decreto IRPEF che ha previsto l’ormai celebre bonus di 80 euro mensili in busta paga, aveva demandato al MEF l’onere di ridefinire le regole dei Comuni montani, esentati dal pagamento dell’IMU, con il fine di apportare un gettito di 350 milioni di euro (necessario alla copertura del bonus) a partire già dall’anno d’imposta 2014. Poiché tempi e finalità del Decreto erano ampiamente previste, nessuno avrebbe mai pensato che ciò potesse creare tanto disagio; non tutto, infatti, è andato come previsto.
Lo stesso articolo 22 aveva previsto che il Decreto del MEF dovesse essere pubblicato entro 90 giorni dalla pubblicazione del D.L. 66/2014, quindi fine settembre 2014, mentre è stato approvato solamente il 28 novembre scorso con effetto, immediato, sul saldo IMU 2014 del 16 dicembre. I motivi di tale, e per certi aspetti comprensibile, ritardo erano legati alla necessità da parte del Ministero Economia e Finanze di trovare una classificazione dei terreni montani quanto più oggettiva possibile che consentisse, allo stesso tempo, di raggiungere il gettito preventivato dal Governo. Per quanto il considerevole ritardo nell’approvazione del Decreto potesse essere sufficiente a creare scompiglio tra i contribuenti e gli addetti ai lavori, non è stato questo, in realtà, il vero punto critico.
La criticità che ha fatto insorgere milioni di contribuenti è legata alla modalità con cui è stata fatta la classificazione dei nuovi terreni montani, vale a dire, considerando l’altitudine sul livello del mare del centro città del Comune, prendendo a riferimento i dati forniti dall’ISTAT. In base a tale riferimento si distinguono quindi 3 tipologie di Comuni:
- “non montani” fino a 280 metri sul livello del mare, sempre soggetti ad IMU;
- “parzialmente montani” se l’altitudine del centro città è compresa tra 281 e 600 metri; in questo caso i coltivatori diretti e Imprenditori Agricoli Professionali iscritti alla previdenza INPS sono esentati dal pagamento dell’imposta, mentre coloro privi di tali requisiti sono invece tenuti al pagamento dell’IMU;
- “montani” oltre i 600 metri; in questo caso scatta l’esenzione automatica dall’IMU.
La nuova classificazione ha impattato su oltre 3.000 Comuni, la maggior parte dei quali è stata ricollocata in fasce soggette ad IMU; il paradosso si viene a creare per terreni ubicati in località effettivamente montane, con altitudini ben oltre il limite dei 600 metri sul livello del mare, ma il cui centro città comunale è ubicato in zona “non montana” (è il caso di tutti i Comuni siti in zone pedemontane). I possessori di questi terreni, che non hanno finora mai pagato né ICI né IMU, si trovano a dover pagare l’imposta per tutto il 2014 in unica soluzione entro il 16 dicembre prossimo.
Il malumore generalizzato che questo provvedimento ha provocato, vista l’approvazione in prossimità della scadenza e la controversa modalità di classificazione, ha generato, oltre allo scalpore generale, anche un paradosso: il Governo infatti, alla luce dei predetti malumori, ha deciso di intervenire annunciando in maniera ufficiosa l’intenzione di far slittare il versamento dell’imposta legata ai terreni montani al prossimo anno (molto probabile un versamento a giugno insieme all’acconto IMU 2015) e prevedendo una modalità di classificazione dei terreni montani più congrua. Il Decreto del MEF, già approvato e sbandierato con un comunicato stampa ufficiale del Ministero, è stato mantenuto in sospeso per una decina di giorni in attesa di qualche decisione da parte del Governo, che non è invece avvenuta, e quindi è stato ugualmente pubblicato in Gazzetta Ufficiale.
Ora quindi abbiamo la riforma dei nuovi Comuni montani, che, per quanto tardiva e grossolana, soddisfa le esigenze di cassa, ma scontenta tutti quanti, Governo compreso. Il vero problema è che la scadenza del 16 dicembre è ormai prossima e un ulteriore intervento del Governo per cambiare ulteriormente le carte in tavola creerà ulteriore caos e disagio sia per i contribuenti e gli addetti ai lavori.
Alex Naro – Centro Studi CGN