A qualche anno dall’entrata in vigore del nuovo istituto della società tra professionisti, i dubbi, accompagnati dalle perplessità, non hanno tardato ad arrivare. La normativa infatti ha lasciato diversi punti interrogativi causati dalle molte lacune legislative, che giurisprudenza e dottrina cercano di arginare e colmare.
Le principali riguardano la scelta del tipo sociale, le categorie professionali destinatarie delle società tra professionisti, i conferimenti riguardanti la clientela del professionista, la contesa del “potere” tra soci professionisti e non professionisti con la relativa facoltà di amministrare e l’iter di iscrizione associato alle causa di incompatibilità.
I riferimenti normativi principali sono l’articolo 10 della L. 183/2011 e il D.M. 34/2013.
Per quanto riguarda la scelta del tipo sociale ricordiamo che le società tra professionisti non appartengono ad un genus societario proprio ma sono assoggettate alle regole delle società tipiche disciplinate dal codice civile, con la scomoda conseguenza di essere legate al rispetto sia della normativa peculiare delle società tra professionisti che a quella del tipo sociale prescelto. Tale scelta è demandata alla libera e personale valutazione dei costituendi soci, tenendo conto delle peculiarità normative di ogni singolo tipo societario, soffermandosi prevalentemente sull’aspetto della responsabilità per le prestazioni professionali.
Innanzitutto ci si chiede se tale responsabilità ricada sulla società o sul singolo professionista incaricato. Sebbene ci siano orientamenti contrapposti, alcuni elementi potrebbero far propendere per la prima soluzione: l’obbligo di iscrizione presso gli albi e gli ordini professionali, la soggezione della società al codice deontologico e disciplinare professionale, la stipula di una polizza assicurativa per tutelare la società dai rischi procurati dai professionisti durante lo svolgimento del loro incarico.
La scelta di una delle due interpretazioni in merito alla responsabilità influenza inevitabilmente il tipo societario: se la prestazione professionale fosse considerata come un’obbligazione sociale allora sarebbe meglio evitare i modelli societari di responsabilità personale dei soci, rivolgendosi verso regimi misti che prevedano responsabilità diverse a seconda del tipo di socio; al contrario, la scelta del tipo sociale non avrebbe nessun condizionamento.
I destinatari delle società tra professionisti sono esclusivamente i professionisti che svolgono un’attività per la quale è necessaria l’appartenenza ad un ordine professionale, dette “professioni protette” (ad esempio, la maggior parte delle professioni sanitarie, e addirittura i maestri di sci). Per quanto riguarda invece le “professioni protette” regolate da leggi speciali (ingegneri e avvocati), le quali regolano anche il loro modo di associarsi o di riunirsi in società professionali, si ritiene che la legge 183/2011 non ne comporti l’abrogazione in virtù del principio lex posteriori non derogat priori speciali (le leggi successive generali non comportano una deroga alle leggi precedenti speciali). Gli avvocati, a seguito di tale esclusione, attendono ancora che il Governo emani una nuova disciplina in materia di esercizio della professione in forma societaria. Per quanto riguarda le “professioni non protette”, l’unico modo per partecipare alle società tra professionisti è quello di aderirvi come soci per prestazioni tecniche, o per finalità d’investimento (d’ora in avanti verranno chiamati soci non professionisti).
Altro argomento di dibattito è quello legato ai conferimenti. La domanda è se sia possibile ammettere tra i conferimenti il proprio studio professionale, comprensivo anche dell’avviamento e della clientela. Tenendo conto delle considerazioni della giurisprudenza in merito alla liceità di contratti di trasferimento oneroso di uno studio professionale e, all’interno di questo, la relativa clientela, nulla sembra ostacolare tale conferimento, ma indubbiamente la sola clientela non sembra possa essere considerata un bene conferibile.
Indubbiamente il legislatore ha desiderato attribuire ai soci professionisti un “potere dominante”, rispetto ai soci non professionisti, su tutto ciò che può influire sull’espletamento dell’attività professionale, tanto da aver previsto che i soci professionisti, sia nelle deliberazioni sia nelle decisioni, detengano sempre la maggioranza dei 2/3 sui soci non professionisti. È stata sollevata, allora, la questione sulla facoltà di amministrare da parte dei soci non professionisti; in assenza di espresso divieto normativo, si ritiene che tali soci possano amministrare proprio per sollevare i soci professionisti da compiti che potrebbero distoglierli dallo svolgimento della propria attività.
Infine ricordiamo a quale forma di pubblicità le società tra professionisti debbano soggiacere: l’iscrizione al Registro delle Imprese presso la sezione ordinaria a seconda del tipo societario prescelto, alla sezione speciale istituita proprio per le società tra professionisti, con finalità di certificazione anagrafica e di pubblicità notizia necessaria per la verifica dell’incompatibilità dei soci (adempimento non a carico del notaio) e infine l’iscrizione in una sezione speciale degli albi e dei registri tenuti presso l’ordine o il collegio professionale di appartenenza dei soci professionisti. Se si tratta di società tra professionisti multidisciplinare (si ha quando la società è composta da soci professionisti che svolgono diverse professioni protette) con attività prevalente, la società viene iscritta solo presso l’albo, il registro dell’ordine o il collegio relativo; altrimenti, l’iscrizione va fatta presso tutti gli albi o registri degli ordini dei diversi professionisti coinvolti.
Come si evince dalle poche considerazioni soprascritte e dal numero poco cospicuo (precisamente 123) di iscrizioni di società tra professionisti, l’intento del legislatore di rendere i numerosi professionisti, parcellizzati nel territorio, più competitivi grazie a nuove forme di aggregazione, cede il passo di fronte alle zone d’ombra che ricoprono ancora l’istituto societario. D’altra parte, come ogni novità, necessita di tempo non solo per permettere ai tecnici giuridici di colmare le molteplici lacune normative, ma anche per conquistare la fiducia di professionisti e di imprenditori e permettere ai soggetti economici di valutare se tale istituto societario risponda effettivamente ai loro reali bisogni.
Giorgia Sartori – Centro Studi CGN