L’abrogazione dell’impronta vale anche per il passato

Per i documenti conservati prima dell’entrata in vigore del DM 17 giugno 2014 non sussiste l’obbligo dell’invio dell’impronta dell’archivio informatico. È quanto stabilito dalla risoluzione dell’Agenzia delle Entrate  n. 4/E del 19 gennaio scorso.

La questione nasce con la pubblicazione del decreto che ha ridefinito le modalità di assolvimento degli obblighi fiscali in relazione ai documenti informatici e contestualmente ha provveduto ad abrogare le vecchie regole previste dal precedente art. 5 del decreto del 23 gennaio 2004 con il quale si prevedeva la comunicazione “dell’impronta di hasc” degli archivi digitali all’Agenzia delle Entrate entro il quarto mese successivo dalla scadenza dei termini stabiliti per la presentazione della dichiarazione dei redditi.

Da un punto di vista normativo la questione nasce dal combinato disposto dei commi da 2 a 4 dell’art. 7 del DM 17 giugno 2014 dove si prevede:

“2. Dalla data di entrata in vigore del presente decreto è abrogato il decreto del Ministro dell’economia e delle finanze del 23 gennaio 2004;

3. Le disposizioni di cui al decreto 23 gennaio 2004 continuano ad applicarsi ai documenti già conservati al momento dell’entrata in vigore del presente decreto”;

Poi al comma 4 si legge “I documenti conservati in osservanza delle regole tecniche di cui al comma 3 possono essere riversati in un sistema di conservazione elettronico tenuto in conformità delle disposizioni del presente decreto.”

Dal tenore letterale delle norme richiamate sembrerebbe sussistere l’obbligo di comunicazione dell’impronta dell’archivio limitatamente ai documenti conservati prima dell’entrata in vigore del nuovo DM del 17/6/2014.

Con un apposito quesito l’Associazione rappresentativa degli operatori della digitalizzazione e della conservazione sostitutiva ha chiesto la vigenza dell’obbligo relativo alla comunicazione dell’impronta all’Agenzia delle Entrate per quanto concerne i documenti conservati prima dell’entrata in vigore delle nuove regole prescritte dal DM 17 giugno.

La stessa Associazione istante osserva che, l’invio dell’impronta dell’archivio informatico era originariamente finalizzata a datare con certezza l’esistenza dei documenti e delle firme apposte, eliminando il problema legato alla scadenza dei certificati di firma digitale. Tale esigenza sarebbe venuta meno con l’estensione della validità delle marche temporali da tre a vent’anni, operata dall’articolo 49 del D.P.C.M. 30 marzo 2009. Ciò avrebbe svuotato di significato l’obbligo di comunicare l’impronta dell’archivio informatico, e nessuna nuova esigenza sarebbe stata identificata con il provvedimento del direttore dell’Agenzia delle Entrate n. 143663 del 25 ottobre 2010, attuativo dell’obbligo in parola.

Per tali motivi, l’Associazione istante è del parere che, nonostante il tenore letterale dell’articolo 7, comma 3, del D.M. 17 giugno 2014, l’obbligo di comunicazione dell’impronta dell’archivio informatico sia completamente abrogato anche per i documenti conservati prima dell’entrata in vigore del decreto medesimo.

L’agenzia delle Entrate sposa in pieno le ragioni dell’Associazione istante confermando l’abrogazione dell’obbligo di invio dell’impronta informatica a seguito dell’estensione della validità delle marche temporali per almeno 20 anni. Infatti “Tutte le marche temporali emesse da un sistema di validazione sono conservate in un apposito archivio digitale non modificabile per un periodo non inferiore a venti anni ovvero, su richiesta dell’interessato, per un periodo maggiore, alle condizioni previste dal certificatore. La marca temporale è valida per il periodo di conservazione stabilito o concordato con il certificatore di cui al comma 1” (art. 49 del DPCM 30 marzo 2009 replicato all’art. 53 del DPCM 22 febbraio 2013).

L’Agenzia conclude: “il predetto obbligo di trasmissione per i documenti conservati prima dell’entrata in vigore del D.M. 17 giugno 2014 non è più necessario rispetto all’originaria finalità di estendere la validità dei documenti informatici, in virtù delle previsioni recate dai citati D.P.C.M. 30 marzo 2009 e 22 febbraio 2013”.

Se la riformulazione delle regole relative al periodo di validità delle marche temporali (da tre a venti anni) è avvenuto con i decreti del 2009 e 2013, anche se l’Agenzia non lo dice espressamente, il relativo obbligo di comunicare l’impronta digitale dovrebbe intendersi abrogato sin dal’entrata in vigore del DPCM 30 marzo 2009 avvenuto il 3 dicembre 2009.

L’intervento dell’Agenzia, quindi, non risulta  strettamente legato al nuovo DM 17 giugno 2014, bensì si collega all’applicazione dei DPCM 30 marzo 2009 e 22 febbraio 2013. Se così fosse tale intervento arriva con ritardo ad abrogare a posteriori un adempimento che si riteneva, invece, sussistente come si conferma nella circolare n.5/2012 della stessa Agenzia nella quale venivano illustrate le corrette modalità di invio dell’impronta a seguito dell’emanazione del provvedimento attuativo.

L’utilità della nota di prassi dell’Agenzia rimane confermata, invece, per la comunicazione dell’impronta digitale prevista a fine gennaio (entro 4 mesi dalla scadenza della dichiarazione dei redditi ex art  5 DM 17 gennaio 2004).

Nicolò Cipriani – Centro Studi CGN