Quando uno sconvolgimento della disciplina dei terreni montani a meno di un mese dalla scadenza di dicembre, con successiva proroga, sembrava già troppo, ora un nuovo cambio di regole ad una manciata di giorni dalla scadenza prorogata sembra l’epilogo tristemente perfetto di un pasticcio paradossale. Ricostruiamo brevemente i passi che hanno portato a questo tribolato epilogo.
Tutto nasce dalla scelta del Governo di affidare la copertura del “bonus IRPEF” ad un decreto del Ministero Economia e Finanze che avrebbe dovuto ridefinire le regole per i terreni montani ai fini IMU: modificando le regole per questa categoria di immobili, esenti dall’IMU, il Governo aveva previsto di racimolare almeno 350 milioni di euro.
Fino alla pubblicazione del decreto del MEF, la disciplina IMU prevedeva che per i terreni ubicati in Comuni parzialmente o totalmente montani non fosse dovuta l’imposta: l’elenco di riferimento per questi terreni era la Circolare 9 del 14 giugno 1993, come chiarito nella circolare 3/DF del 2012 dello stesso Ministero. I terreni ubicati in Comuni totalmente montani erano esenti dall’imposta, mentre quelli in Comuni parzialmente montani erano esenti solo se ubicati nella zona comunale identificata come montana.
Il 28 novembre scorso il MEF ha pubblicato l’atteso Decreto che ha ridefinito l’elenco dei Comuni montani, con ritardo di circa due mesi rispetto alla scadenza imposta dal Governo, prendendo a riferimento la lista dei Comuni stilata ogni sei mesi dall’ISTAT discriminando il riferimento altimetrico del centro città:
- fino a 280 metri è considerato non montano;
- tra 281 e 600 parzialmente montano;
- oltre i 600 metri totalmente montano.
Il Decreto ha inoltre previsto che nel caso in cui il contribuente fosse un coltivatore diretto o imprenditore agricolo professionale iscritto alla previdenza INPS e conducesse un terreno parzialmente montano, l’imposta non era dovuta: considerato il colpevole ritardo nell’emanazione del Decreto, per i soggetti obbligati dal nuovo adempimento, il MEF ha previsto una proroga del pagamento dell’IMU al 26 gennaio invece del solito 16 dicembre. Questa nuova classificazione ha scatenato interminabili polemiche legate alla riduzione del numero di Comuni montani di duemila unità, obbligando al pagamento dell’imposta sui terreni dei contribuenti che mai avevano pagato né IMU né ICI; il riferimento altimetrico infatti andava a penalizzare moltissimi Comuni che avevano il centro città sotto i 600 metri, ma che si estendevano molto oltre questa altitudine.
L’associazione dei Comuni di alcune Regioni, tra le quali Liguria e Friuli Venezia Giulia ricorsero al Tribunale Amministrativo Regionale del Lazio chiedendo la non ammissibilità della nuova classificazione dei Comuni montani. La sentenza del TAR era attesa, ed è arrivata, il 21 gennaio scorso, rigettando il ricorso e quindi confermando la validità del Decreto del MEF e quindi della scadenza IMU di gennaio per i terreni. Nel frattempo fu presentato un secondo ricorso al TAR del Lazio, la cui sentenza non sarebbe arrivata prima del 4 febbraio, data oltre la scadenza del 26 gennaio, che avrebbe creato quindi una sospensione al pagamento dell’imposta fino alla pronuncia del TAR.
Il Governo, per evitare questo stallo, ha emanato il Decreto Legge n.4/2015 approvato il 23 gennaio con un Consiglio dei Ministri straordinario che ha cambiato le carte in tavola nuovamente a pochi giorni dalla nuova scadenza. Il Governo, ritenendo la nuova classificazione del MEF poco oggettiva, ha nuovamente riformato, a partire dall’anno d’imposta 2014, i terreni esenti dall’IMU: non si è tornati indietro, però. Infatti, la nuova classificazione, non farà riferimento alla lista indicata nella Circolare 9 del 14 giugno 1993, bensì alla classificazione prevista dall’ISTAT che considera non l’altitudine del centro città, ma l’altitudine media del Comune. Fortunatamente, il Decreto Legge ha previsto inoltre che per i terreni che risultavano esenti ai sensi del Decreto del MEF ma che alla luce del nuovo Decreto Legge risultano imponibili non è dovuta l’IMU; per gli altri contribuenti la nuova scadenza è il 10 febbraio prossimo.
Questo pasticcio legislativo ha provocato due diversi paradossi; il primo riguarda il cambio di classificazione di oltre 800 Comuni durante le diverse fasi normative. Un esempio è il Comune di Trieste, che secondo la Circolare 9 del 1993 era classificato come «montano», con il Decreto 28 novembre del MEF era classificato come «non montano», mentre ora è, invece, «parzialmente montano».
Il secondo è decisamente più serio. Il Governo ha demandato al MEF la responsabilità di riclassificare i terreni montani ai fini IMU esclusivamente per dare copertura ad una manovra da 350 milioni di euro. Il recente passo indietro, che ha azzerato la decisione del MEF, non solo ha ridotto drasticamente il gettito a causa la nuova classificazione ma ha aggiunto la non imponibilità per coloro che con il Decreto del MEF erano esentati dal pagamento dell’imposta, riducendo ulteriormente le entrate; il Governo dovrà ora pensare a come reperire alternativamente il mancato gettito.
Se con la TASI si era generato il caos tra i contribuenti, a causa dell’ambiguità della norma e del frazionamento dei pagamenti, questo pasticcio per i terreni montani ai fini IMU farà certamente guadagnare all’anno d’imposta 2014 il triste primato di “annus horribilis” per l’imposizione immobiliare italiana. Per il 2015 la norma dovrebbe restare invariata, anche se, memori del passato, il condizionale, purtroppo, è d’obbligo.
Alex Naro – Centro Studi CGN