Spesso è la Corte Costituzionale a risollevare il morale dei contribuenti, con provvedimenti che riportano le disposizioni legislative nell’alveo dei principi garantisti della Carta. Un esempio è rappresentato dalla recente Sentenza n.228 depositata il 06/10/2014 avente per oggetto l’utilizzo delle indagini bancarie per l’accertamento del reddito da lavoro autonomo. Esaminiamo dapprima la struttura della norma rettificata, per apprezzare poi la portata della modifica introdotta.
L’articolo 32 del DPR n.600/73, intitolato “Poteri degli uffici”, disciplina alcune delle attribuzioni istruttorie di cui dispone l’Amministrazione Finanziaria per condurre l’attività di controllo finalizzata all’emissione degli avvisi di accertamento in materia di imposte sui redditi.
Per espresso richiamo la previsione normativa è posta al servizio sia degli atti impositivi di natura analitica, aventi ad oggetto una delle sei categorie reddituali previste dal Tuir, che di quelli di tipo sintetico, miranti ad una ricostruzione globale dell’imponibile di una persona fisica o giuridica.
Per inciso, poi, le verifiche analitiche svolte nei confronti dei contribuenti titolari di partita IVA, quindi imprenditori e lavoratori autonomi, possono mirare alla disamina di singoli componenti della base imponibile dichiarata (procedimenti analitico-contabili), ovvero alla ricostruzione presuntiva del reddito (procedimenti induttivi, come ad esempio gli studi di settore).
Nello specifico, la disposizione che si intende commentare sulle movimentazioni bancarie in entrata ed uscita acquisite dall’Ufficio, che peraltro affluiscono automaticamente all’Anagrafe Tributaria dal 1 gennaio 2012 per effetto dell’articolo 11 comma 2 del D.L. n.201/11, è contenuta nel comma 1 al n.2).
Dal testo si evince che le risultanze finanziarie possono assumere due diverse valenze probatorie:
- “posti a base” delle rettifiche, salvo che venga dimostrato l’avvenuto inserimento nella base imponibile o che si tratti di elementi da non includere;
- “posti come ricavi o compensi”, salvo indicazione dell’effettivo beneficiario o della regolare rilevazione in contabilità.
La prima modalità trova applicazione generale per ogni tipo di verifica (analitica o sintetica), ed assume natura di presunzione semplice.
Pertanto, in questo caso le entrate e le uscite bancarie vengono utilizzate insieme ad altri elementi probatori per dimostrare la fondatezza del maggior reddito accertato o del volume d’affari, alla luce del richiamo contemplato nell’articolo 54 del DPR n.633/72 in materia di Iva.
Si pensi, ad esempio, ad un bonifico ricevuto da un cliente abituale di un imprenditore o di un lavoratore autonomo, senza l’emissione della corrispondente fattura.
La seconda possibilità di utilizzo delle movimentazioni finanziarie appare invece rivolta specificamente al reddito d’impresa o da arti e professioni, come si evince dalla terminologia impiegata (“ricavi o compensi”, “scritture contabili”), nonostante qualche precedente giurisprudenziale favorevole ad un’estensione generalizzata.
Questa fattispecie rappresenta secondo l’Amministrazione Finanziaria una presunzione assoluta, sufficiente quindi ad autorizzare la ripresa fiscale invertendo l’onere della prova in chiave difensiva sul contribuente con i mezzi ricordati.
La giurisprudenza e buona parte dei commentatori, peraltro, si sono schierati contro questa opinione, sostenendo anche in questo caso la tesi della presunzione semplice.
Proprio su questa seconda parte della disposizione è intervenuta la Sentenza della Corte Costituzionale in commento, espungendo il sostantivo “compensi” introdotto a suo tempo dall’articolo 1 della Legge n.311/04 allo scopo di estendere il meccanismo automatico delle verifiche bancarie alla platea dei lavoratori autonomi.
Pertanto entrate ed uscite finanziarie ingiustificate non possono più convertirsi automaticamente in accertamento di reddito da lavoro autonomo.
È importante sottolineare come un professionista consegue di norma un compenso sulla base della propria opera intellettuale, più che sull’acquisto di fattori produttivi come nel caso dell’imprenditore.
Di conseguenza, la dottrina ritiene che la novella formulata dalla Consulta miri soprattutto ad impedire che i prelevamenti privi delle dimostrazioni richieste vengano tramutati in reddito imponibile.
Resta quindi applicabile anche al mondo professionale la prima facoltà di utilizzo delle risultanze bancarie, in cui soprattutto i versamenti ingiustificati possono rappresentare una base per costruire la presunzione semplice richiesta dalla norma.
Alessandro Tentoni – Studio Palmeri Commercialisti Associati