La scadenza per la presentazione dei bilanci si avvicina sempre di più e numerosi commercialisti e addetti contabili sono ancora alle prese con la chiusura dei conti e con i principali controlli contabili.
Tra i controlli da fare, oltre a quelli che riguardano le rimanenze di magazzino e la corretta classificazione delle principali poste di bilancio, ci sono anche i controlli e le verifiche di cassa. In particolare, occorre verificare la corrispondenza del saldo contabile con l’effettiva consistenza di cassa considerando eventuali sospesi.
La sorpresa arriva quando il valore contabile del conto cassa non coincide per niente con le giacenze effettive. Situazioni di cassa alta o di cassa negativa (anche di un solo giorno) possono rappresentare elementi di evidente pericolo per l’azienda sul fronte dell’evasione fiscale.
La presenza di una cassa elevata lascia pensare ad una gestione anti-economica e utilizzi impropri per effettuare acquisti in nero, in base al quale l’Amministrazione Finanziaria può ipotizzare la realizzazione di vendite in nero.
Ma non è solo questo! In caso di cassa alta, ad esempio, gli uffici fiscali possono non riconoscere la deducibilità degli interessi passivi bancari o peggio ancora, considerare la contabilità inattendibile, o il denaro ripartito tra i soci, assegnato o utilizzato dall’amministratore.
In tale caso, gli uffici finanziari sono legittimati ad avviare accertamenti con metodo induttivo (articolo 39 del DPR 600/1973) in capo sia alla società che alle persone dei soci (o del titolare).
Perché si genera cassa alta? E cosa fare allora per non trovarsi con simili problemi?
Una cassa elevata può significare che determinati acquisti di merce poi destinata alla rivendita sono effettuati “in nero” dal momento che non compaiono in diminuzione (contropartita) del conto cassa.
Non vi è alcun dubbio che alcune delle cose da fare per scongiurare siffatte situazioni, debbano essere fatte in via preventiva. E’ opportuno, ad esempio, effettuare dei controlli periodici (giornalieri o settimanali) sull’andamento del conto cassa ed evitare che gli interventi dei soci o del titolare, palesemente effettuati per far fronte a esigenze di liquidità, generino invece situazioni di cassa alta, non coerenti con le finalità aziendali o non congrui con le capacità economiche dei soci o del titolare dell’azienda.
È necessario ricordarsi sempre che l’importo della cassa non deve mai essere eccessivamente elevato, tenuto conto, della natura dell’attività svolta dall’impresa. Un saldo cassa elevato può comportare seri problemi soprattutto se si è in presenza di un notevole indebitamento bancario.
In sede di chiusura dei conti, il conto “cassa” può essere sdoppiato in diversi sottoconti come ad esempio: “cassa contanti” (per la moneta a corso legale), “cassa assegni” (se si ricevono degli assegni), “cassa valute estere” (per la moneta in valuta estera), “cassa valori bollati” (per i valori bollati acquistati) e così via.
Per farlo è opportuno effettuare una scrittura contabile in partita doppia (Diversi a Cassa) a fine esercizio, anche se è consigliabile distinguere i vari sottoconti in corso d’anno nel momento in cui vengono rilevati contabilmente i singoli fatti di gestione.
Altra accortezza da adottare è quella di verificare che la cassa non comprenda i cosiddetti “sospesi di cassa”. Nel caso ciò accada, è opportuno regolarizzare l’anomala situazione prima della chiusura dell’esercizio con una scrittura contabile.
Nel conto cassa non vanno comprese le cambiali attive in portafoglio compilate. Le stesse invece vanno inserite se non sono compilate. Particolare attenzione va posta poi, alle valute estere esistenti in cassa. Esse si valutano al cambio del giorno di chiusura, con imputazione dell’utile o della perdita a conto economico come prevede l’O.I.C. 26.
La presenza di un saldo contabile negativo è invece un chiaro segno di introiti a nero. Ma di questo parleremo in un articolo di prossima pubblicazione.
Antonino Salvaggio – Centro Studi CGN