La presentazione della dichiarazione integrativa rappresenta un rimedio previsto dalle norme tributarie sia per la rettifica di situazioni che abbiano determinato un minor debito di imposta o un maggior credito rispetto a quanto previsto (dichiarazione integrativa a sfavore), sia per correggere situazioni che abbiano determinato un maggior debito di imposta o un minor credito (dichiarazione integrativa a favore).
La dichiarazione integrativa a sfavore può essere presentata entro il 31 dicembre del quarto anno successivo a quello in cui è stata presentata la dichiarazione originaria e si combina con le norme del ravvedimento operoso secondo le nuove modalità introdotte dalla Legge di Stabilità 2015 (ex art. 1, commi 637 e seguenti L. n. 190/2014). Nel secondo caso, invece, posto che la suddetta Legge di Stabilità per il 2015 non è intervenuta sull’argomento, permane la situazione di conflitto interpretativo sul termine e le modalità con cui il contribuente può correggere a proprio favore un errore commesso in dichiarazione.
Sull’argomento la Cassazione si è spesso pronunciata a favore di una generale possibilità di rettificare o di ritirare, in tutto o in parte, la dichiarazione dei redditi.
Questa facoltà del contribuente deriva, in particolare secondo quanto affermato nella sentenza 25.10.2002, n. 15063 delle Sezioni Unite civili della Corte:
- dalla sua natura di atto non negoziale e non dispositivo, recante una mera esternazione di scienza e di giudizio, in linea di principio modificabile nell’acquisizione di nuovi elementi di conoscenza e di valutazione;
- dal fatto che essa non costituisce il titolo dell’obbligazione tributaria, ma integra un momento dell’iter procedimentale finalizzato all’accertamento di tale obbligazione e al soddisfacimento delle ragioni erariali;
- dalla considerazione che si rivelerebbe difficilmente compatibile con i principi costituzionali della capacità contributiva (art. 53, primo comma, Cost.) e dell’oggettiva correttezza dell’azione amministrativa (art. 97, primo comma, Cost.) un sistema legislativo che, negando radicalmente la rettificabilità della dichiarazione, sottoponesse il contribuente a un prelievo fiscale indebito.
Va precisato che la dichiarazione integrativa non consente, però, di rivedere scelte già effettuate, quindi di estendersi fino a ricomprendere la “manifestazione di una determinazione volitiva a carattere negoziale, che vincola il dichiarante e che come tale non si presta a costituire materia di successivo ripensamento” (Cass. N. 18757/2014). Rientrano in tale fattispecie la rateizzazione di una plusvalenza oppure l’applicazione della tassazione ordinaria anziché quella separata, opzioni che possono essere rettificate solo nel termine breve di 90 giorni dall’originaria scadenza.
Ecco un esempio che può essere utile a chiarire la posizione dell’Agenzia delle Entrate e quella del contribuente.
Un contribuente ha omesso di indicare in Unico 2014 (anno d’imposta 2013) le ritenute subite commettendo un errore a suo danno e pagando maggiori imposte di cui si accorge solo successivamente.
Seguendo l’interpretazione delle Entrate, il contribuente, per evidenziare il proprio errore, ha a disposizione la presentazione della dichiarazione a favore (ex art. 2, comma 8-bis Dpr 322/1998), ma solo entro il termine per la presentazione della dichiarazione relativa al periodo d’imposta successivo. In questo caso il 30 settembre 2015 (termine ordinario Unico 2015 con riferimento ai redditi 2014). Il credito emergente da tale dichiarazione può essere utilizzato direttamente in compensazione anche con tributi diversi dall’Irpef.
Oltre tale termine, resta, a parere dell’Agenzia, la possibilità di presentare un’istanza di rimborso nel termine di 48 mesi.
Seguendo un radicale orientamento dottrinale, avallato sempre più spesso dalla giurisprudenza, il contribuente potrebbe presentare, anche oltre il termine stabilito e fino allo spirare dei termini di accertamento, una dichiarazione integrativa a favore. In questo caso fino al 31 dicembre 2018. Il maggior credito emergente potrebbe essere richiesto solo a rimborso.
Allo stato attuale il rischio di un contenzioso è elevato sia perché spesso alla presentazione di un’istanza di rimborso l’ufficio non risponde costringendo il contribuente a presentare reclamo/ricorso; sia perché nel secondo caso la dichiarazione integrativa oltre l’anno non viene ritenuta valida e la richiesta di rimborso in essa contenuta non viene presa in considerazione.
Merita in questa sede di essere menzionata la circolare n. 31/E/2014 con la quale l’Agenzia ha ritenuto possibile la correzione di errori (a favore del contribuente) commessi in periodi passati (purché in pendenza dei termini di accertamento) anche oltre i termini per l’integrativa a favore tramite la riliquidazione autonoma delle varie dichiarazioni da emendare le cui risultanze vengono esposte nell’integrativa riferita all’ultimo periodo dichiarato. Tuttavia, i tecnici del Fisco ammettono tale possibilità solo per correggere errori contabili limitandone così il campo applicativo.
Da più parti si auspica un intervento correttivo che unifichi i termini temporali sia per la presentazione della dichiarazione integrativa “a sfavore” che quella “a favore”, denunciando come un’occasione persa la mancata riforma in sede di Legge di Stabilità 2015.
Nicolò Cipriani – Centro Studi CGN