I Comuni non possono pubblicare sul proprio sito i nomi dei cittadini che non pagano i tributi, dato che la legislazione statale non prevede tale obbligo ed esso non può comunque essere introdotto con un regolamento dell’ente locale. A stabilirlo il Garante della privacy al termine di un’istruttoria avviata a seguito di un articolo di stampa nel quale si annunciava l’intenzione di un ente locale di mettere online una black list con i nomi dei cittadini morosi.
Cittadini evasori? Il parere del Garante della privacy
Secondo il Garante la procedura che il Comune intende avviare viola il principio di legalità sotto diversi profili.
In primo luogo, infatti, il Comune non può introdurre l’obbligo di pubblicazione online dei morosi con un proprio regolamento né può introdurre una nuova sanzione accessoria, ossia la pubblicazione online, rispetto alle sanzioni amministrative già previste legate al mancato o erroneo pagamento del tributo. Tali ambiti rientrano infatti nella competenza esclusiva della legislazione statale.
In secondo luogo, la diffusione online dei nomi degli utenti morosi non è giustificata neanche dalla normativa sulla trasparenza, che individua con precisione gli obblighi di pubblicazione sui siti web istituzionali. E la medesima normativa stabilisce, invece, che le Pa possano mettere online informazioni e documenti di cui non è obbligatoria la pubblicazione solo dopo aver anonimizzato i dati personali eventualmente presenti.
Secondo il Garante della privacy dunque la disciplina comunale viola il principio di legalità anche sotto il profilo temporale, poiché l’entrata in vigore dell’obbligo di pubblicazione online è stata deliberata con effetto retroattivo. Inoltre l’iniziativa del Comune produce un trattamento di dati non conforme ai principi del Codice privacy (necessità, pertinenza e non eccedenza nel trattamento) perché le finalità indicate dall’ente locale (stimolare il senso civico dei cittadini, sollecitandoli al pagamento del dovuto o dissuadere gli evasori), possono essere soddisfatte con le misure già in vigore (procedimento di riscossione coattiva dei tributi, pagamento degli interessi di mora, applicazione delle sanzioni amministrative previste).
La diffusione online dei nomi dei cittadini morosi appare quindi un irragionevole strumento vessatorio, suscettibile di causare danni e disagi lesivi della dignità della persona.
Alessandra Caparello