Con il trasferimento individuale, il lavoratore è spostato definitivamente ad un’altra unità produttiva dell’azienda, posta in luogo diverso da quello di provenienza. Chiariamo come viene disciplinato e a quale trattamento fiscale è soggetto.
Diversa è la trasferta, con la quale il lavoratore è inviato temporaneamente per motivi di lavoro fuori dalla sede in cui esegue di norma la propria attività. Nella trasferta, pertanto, risaltano il permanere del legame tra prestatore di lavoro e originaria sede di assegnazione e l’occasionalità delle motivazioni del suo spostamento.
Nel trasferimento, invece, vi è una variazione radicale e non temporanea della sede aziendale cui il lavoratore è normalmente assegnato.
Con particolare riferimento al trasferimento, la contrattazione collettiva e individuale del lavoro possono prevedere il diritto ad un trattamento economico di indennità (oltre che di rimborso delle spese sostenute), per i lavoratori che, interessati dal trasferimento, mutino la propria residenza.
Questo emolumento si può intendere come una “partecipazione” del datore di lavoro alle spese che il dipendente deve sostenere per recarsi nella nuova sede ed è riconosciuto ad un lavoratore già assunto e successivamente assegnato, per comprovate ragioni tecniche, organizzative e produttive, ad una diversa sede.
Inoltre, il datore di lavoro può corrispondere un trattamento economico anche nel caso di spostamento del lavoratore dalla propria residenza alla sede di lavoro, in occasione dell’assunzione, dunque all’instaurazione del rapporto di lavoro. In questo caso si parlerà di indennità di prima sistemazione.
In considerazione della loro funzione, questi trattamenti godono di un regime di esenzione fiscale e contributiva, seppure parziale. Infatti, le indennità di trasferimento e di prima sistemazione sono escluse da tassazione e contribuzione nella misura del 50% (cfr. Art. 51, c.7 TUIR), con dei tetti annui di:
- € 1.549,37, per il trasferimento all’interno del territorio nazionale;
- € 4.648,11, per il trasferimento all’estero o estero su estero;
- € 6.197,48, nel caso in cui nello stesso anno il dipendente subisca un trasferimento in Italia e uno all’estero.
Ad esempio:
indennità di trasferimento in Italia = € 4.000,00; sarebbe imponibile il 50% della somma (€ 2.000), ma poiché la parte massima esente è pari ad € 1.549,37, la parte imponibile risulta essere € 4.000,00 – € 1549,37= € 2450,63.
Ai fini di una ottimale amministrazione del personale, si ricorda che sarebbe bene prevedere già nel contratto individuale di assunzione la disponibilità del lavoratore a recarsi in sedi aziendali diverse per lo svolgimento del proprio lavoro: ciò potrebbe rendere meno “critico” il momento della scelta del datore di lavoro di trasferire il lavoratore ad una sede diversa.
Ricordiamo, infine, la differenza tra indennità di trasferimento ed un eventuale “rimborso” del datore di lavoro per gli spostamenti del lavoratore da casa alla abituale sede di lavoro. In questo caso non si parla di vero e proprio rimborso-spese (esente da contribuzione e tassazione), ma di retribuzione che, come tale, va assoggettata a contribuzione e tassazione come per legge.
Stefano Carotti – Centro Studi CGN