Se proprietario e locatario concordano in un contratto (non registrato) una clausola che preveda un importo del canone di locazione superiore a quello effettivamente riportato nel contratto registrato, tale clausola è da intendersi nulla. Si presuppone infatti che l’accordo tra le parti (non registrato) abbia l’esplicita finalità di sottrarre a imposizione parte dell’affitto, con vantaggio esclusivo per il proprietario dell’immobile. Ma cosa succede se il locatario non versa i canoni prestabiliti?
Così come viene disposto dalla normativa di riferimento (codice civile, legge n. 392/78, legge n. 431/98 e varia giurisprudenza di merito e di legittimità) la nullità parziale di un contratto o la nullità di singole clausole (come nel caso trattato) comporta la nullità dell’intero contratto, se risulta che i contraenti non lo avrebbero concluso senza quella parte del suo contenuto che è colpita dalla nullità.
Contrariamente a quanto sopra riportato, la nullità di singole clausole non comporta la nullità dell’intero contratto, quando le clausole nulle sono sostituite di diritto da quanto previsto dalle norme in materia (sostituzione automatica).
Succede spesso che il locatario risulti inadempiente, ossia non versi i canoni prestabili dal contratto formalizzato tra le parti. In questo caso ci si chiede se il proprietario abbia il diritto di pretendere i canoni arretrati, ossia se, in caso di instaurazione del giudizio, il proprietario debba pretendere il canone dichiarato oppure quello reale (e quindi superiore) inserito nella scrittura privata consensuale.
In tal senso risulta particolarmente rilevante ciò che dispone la sentenza n. 18213 del 17 settembre 2015 della Corte di Cassazione, la quale afferma che, ai sensi dell’art. 13 comma 1 della legge n.431 del 1998, in ipotesi di locazione ad uso abitativo registrata per un canone dichiarato in misura inferiore rispetto al reale, il contratto resta valido per il canone apparente, mentre l’accordo simulatorio relativo al maggior canone è affetto da nullità, insanabile anche dall’eventuale registrazione tardiva.
Sempre secondo la Cassazione, la controdichiarazione sottoscritta tra le parti del contratto che stabilisce il canone reale è affetta da nullità in quanto concretizza un aumento del canone vietato dall’art. 13 della legge n. 431/1998.
Il conduttore quindi, a seguito di tale disposizione, appare favorito e allo stesso viene inoltre attribuito il titolo di chiedere ed ottenere la restituzione di tutte le somme pagate.
Allo stesso risultato perviene la sentenza della Corte di Appello di Roma sentenza n. 3753/15 del 24.06.2015, la quale dispone la nullità assoluta del canone di locazione non registrato nei termini e nel contempo ribadendo espressamente ciò che viene disposto dalla legge 311/2004 art. 1 c. 346 (Legge finanziaria del 2005), la quale cosi stabilisce: “i contratti di locazione o che comunque costituiscono diritti relativi di godimento, di unità immobiliari ovvero di loro porzioni, comunque stipulati, sono nulli se, ricorrendone i presupposti, non sono registrati”.
Occorre considerare che quest’ultima disposizione, nonostante la evidente chiarezza, ha avuto dalla giurisprudenza diverse interpretazioni, molte volte dirette ad attenuarne il rigore formalistico.
È esplicita invece la lettura da parte dell’Agenzia delle Entrate la quale, così come viene disposto dalla Circolare 26/E del 12 giugno 2011 al punto 9.3, conferma la validità letterale della legge 311/2004 art. 1 c. 346, stabilendo pienamente la nullità dell’accordo simulatorio siglato tra le parti contrattuali.
Fabrizio Tortelotti