Contenzioso breve (o azzerato) per gli assunti a partire dal 7 marzo 2015. Introducendo un nuovo istituto nei meccanismi della conciliazione stragiudiziale del lavoro, il decreto legislativo n. 23/2015 ha in effetti previsto la possibilità di prevenire il contenzioso per i licenziamenti dei lavoratori assunti a tempo indeterminato successivamente all’entrata in vigore del decreto stesso, cioè il 7 marzo 2015.
Per tali casi, infatti, il datore di lavoro può offrire al lavoratore un importo che non costituisce reddito imponibile né a livello fiscale, né previdenziale.
L’importo è pari ad una mensilità della retribuzione di riferimento per il calcolo del TFR, per ogni anno di servizio, per un minimo di due mensilità e un massimo di 18 mensilità.
Per i datori di lavoro che non raggiungono i requisiti dimensionali dell’art. 18, commi 8 e 9 della L. n. 300/1970 (sinteticamente, meno di 15 dipendenti), l’importo è dimezzato e può essere al massimo di sei mensilità.
La somma pattuita deve essere corrisposta con assegno circolare, in una delle sedi “protette” (DTL, sede sindacale, o commissioni di certificazione).
L’offerta deve avvenire entro i termini di impugnazione stragiudiziale del licenziamento (60 giorni dalla ricezione della sua comunicazione).
I principali effetti dell’accettazione della proposta di conciliazione da parte del lavoratore sono l’estinzione del rapporto di lavoro alla data del licenziamento e la rinuncia all’impugnazione da parte dello stesso (anche se avesse già impugnato il licenziamento).
Occorre rilevare che, qualora in sede di conciliazione siano pattuite ulteriori somme a chiusura di ogni altra ed eventuale pendenza (ipotesi più che possibile), le stesse sono sottoposte a regime contributivo e fiscale ordinario.
Una soluzione piuttosto “fast”, se si considerano tutte vicende e le casistiche possibili in termini di sanzioni per l’illegittimà dei licenziamenti. Attualmente, in effetti, la valutazione delle conseguenze connesse ad un licenziamento passa attraverso una non semplice ramificazione degli scenari che concretamente possono verificarsi.
In primis, occorre considerare, come anticipato, la data di assunzione del lavoratore: a seconda che sia precedente o successiva alla citata data del 7 marzo 2015, la disciplina applicabile sarà diversa (art. 18 L. n. 300/1970, così come rivista dalla L. n. 92/2012, o D.Lgs. n. 23/2015); quindi, si dovrà individuare la consistenza aziendale (più o meno di 15 dipendenti). Ancora, motivazione del licenziamento (oggettivo, soggettivo, o giusta causa) e, all’interno di questa suddivisione, “gravità dell’illegittimità” del provvedimento assunto (insussistenza/insufficienza delle motivazioni/violazioni formali di procedura).
È pur vero che la soluzione conciliativa qui analizzata riguarda, come visto, solo i lavoratori assunti successivamente all’entrata in vigore del decreto. Ma è innegabile che la prospettiva parrebbe quella di una generale semplificazione degli scenari del contenzioso.
Resta da chiedersi, ed il dubbio è legittimo, se di semplificazione si può parlare, quando un provvedimento, in sé “semplificato”, si aggiunge ad una non sempre ben definibile serie di valutazioni, tanto più complicate quanto più il quadro giuridico viene frammentato nel susseguirsi di discipline differenti e dal diverso campo di applicazione.
Stefano Carotti – Centro Studi CGN