Il 16 giugno si avvicina e, come di consueto in questo periodo, anche i meno esperti della materia fiscale devono confrontarsi con termini come “maggiorazione”, “rateazione”, “compensazione”. Che conseguenze comporta scegliere la maggiorazione? Quanto costa pagare a rate? E ancora: le scadenze di Unico sono uguali per tutti? Quando si può compensare un credito? Le risposte a queste domande possono fornirci elementi utili per scegliere, consapevolmente, tempi e modi per pagare le tasse. Vediamo come.
La maggiorazione
La scadenza ordinaria per pagare le imposte derivanti dalla dichiarazione dei redditi è il 16 giugno. È possibile derogare a questa regola generale scegliendo la “maggiorazione”.
La maggiorazione consente di rinviare il termine di versamento delle imposte al trentesimo giorno successivo a quello della scadenza ordinaria. Il rinvio però comporta un costo: ogni imposta dovuta a titolo di saldo e primo acconto, infatti, dovrà essere maggiorata dello 0,40%, a titolo di interesse.
Rinviare la scadenza di 30 giorni non sempre comporta l’addebito dello 0,40%: ricordiamo infatti che la maggiorazione deve essere calcolata sull’importo dovuto al netto di eventuali crediti scomputabili.
Se il contribuente dispone di crediti utilizzabili in compensazione, deve prima compensare i debiti con i crediti disponibili, poi, sul residuo, deve calcolare la maggiorazione.
Potrebbe anche accadere che i debiti dovuti siano interamente compensati. In tale ipotesi, nella delega F24 a zero, che deve comunque essere presentata, non dovrà essere applicata alcuna maggiorazione.
La scelta di rinviare a luglio il pagamento delle imposte potrebbe comportare conseguenze per i contribuenti che dovessero trovarsi nella necessità di rateizzare: in questo caso, infatti, verrebbe a ridursi di 1 il numero massimo di rate disponibili.
La rateazione
Il contribuente può avvalersi della facoltà di rateizzare i versamenti delle somme dovute a titolo di saldo e primo acconto. Il secondo o unico acconto, invece, non può mai essere rateizzato.
Sulle somme rateizzate sono dovuti gli interessi nella misura del 4% annuo, da calcolarsi secondo il metodo commerciale. A differenza della maggiorazione, gli interessi da rateazione devono essere versati separatamente, con apposito codice tributo (1668).
Il numero massimo di rate applicabili e la scadenza di pagamento di ciascuna rata variano a seconda che il contribuente sia titolare o meno di partita IVA. In ogni caso, la scadenza dell’ultima rata non può mai superare il termine di pagamento del secondo acconto (30 novembre).
I contribuenti titolari di partita IVA hanno a disposizione al massimo 6 rate, in scadenza il 16 di ogni mese. A partire dalla seconda rata sono dovuti gli interessi nella misura di seguito indicata:
I contribuenti NON titolari di partita IVA, invece, possono dilazionare il debito al massimo in 7 rate: la prima a scadere il 16 giugno, le altre, con relativi interessi, alla fine di ogni mese, come di seguito riportato:
La compensazione
Come già accennato in precedenza, i debiti risultanti dalla dichiarazione dei redditi possono essere compensati con eventuali crediti disponibili (sorti anche dalla medesima dichiarazione)
La compensazione può riguardare tributi dovuti nei confronti di enti impositori diversi quali Erario, INPS o Regioni e comporta, in ogni caso, l’obbligo di presentazione del modello F24.
Attenzione però: se il modello F24 ha saldo zero, l’art.11 cm. 2 del DL 66/14 impone che lo stesso sia presentato esclusivamente mediante i servizi telematici dell’Agenzia: Entratel o Fisconline.
Qualsiasi credito risultante da Unico è liberamente compensabile a partire dal 1° gennaio dell’anno successivo a quello di riferimento della dichiarazione. Non bisogna però dimenticare che per poter compensare crediti di importo superiore ad € 15.000 il contribuente deve chiedere al professionista che ha predisposto la dichiarazione l’apposizione del visto di conformità.
Un’ultima precisazione riguarda il credito IVA: è liberamente compensabile entro la soglia di € 5.000; per compensare importi superiori è necessario aver presentato la dichiarazione IVA.
Maria Luisa Zecchetto – Centro Studi CGN