Dedurre il 20 per cento di 300.000 euro dal proprio reddito, evidentemente, deve essere appetibile (per il contribuente) e delicato (per l’Amministrazione finanziaria). È questa la riflessione a cui giungere se l’Agenzia delle Entrate ha ritenuto “opportuno” oltre che necessario fornire precisazioni in merito all’agevolazione volta ad incentivare l’acquisto di immobili abitativi destinati alla locazione.
Come noto, l’articolo 21 del D.L. n. 133/2014, cosiddetto “Sblocca Italia”, convertito nella Legge n. 164/2014, ha introdotto l’agevolazione sopra indicata e le ha dato attuazione attraverso l’approvazione del Decreto 8 settembre 2015 del Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti che ha definito le procedure di verifica ai fini della deducibilità delle spese sostenute per l’acquisto, la costruzione o la ristrutturazione di unità immobiliari da destinare alla locazione.
La Circolare n. 3/E del 2 marzo 2016, in merito, ha fornito risposta ad alcuni quesiti interpretativi precisando:
- che i soggetti cui spetta l’agevolazione sono le persone fisiche, non esercenti attività commerciale;
- la definizione di immobile “invenduto”, ai sensi dell’articolo 1 del Decreto attuativo;
- che il limite di spesa di 300.000 euro si riferisce al limite massimo deducibile per immobile e per contribuente in tutto il periodo di vigenza dell’agevolazione. In altri termini, indipendentemente dal numero degli immobili, ogni contribuente non potrà portarsi in deduzione complessivamente più di 300.000 euro da suddividersi tra gli aventi diritto in base alla quota di possesso.
Inoltre, sempre con la Circolare n. 3/E del 2016, risposta 1.13, è stato precisato che “il requisito della durata minima del contratto di locazione pari ad anni otto, possa considerarsi rispettato non solo nell’ipotesi in cui il contratto abbia tale periodo di efficacia per esplicito accordo delle parti, ma anche nel caso in cui sia la legge a prevedere una proroga di diritto almeno fino a otto anni complessivi”. Il diritto alla deduzione inoltre non viene meno se, per motivi non imputabili al locatore, il contratto di locazione si risolve prima di otto anni e ne viene stipulato un altro entro un anno dalla data della risoluzione del precedente contratto.
Adesso, l’Amministrazione finanziaria, con la Circolare n. 27/E del 13 giugno 2016, ha fornito ulteriori chiarimenti sulle abitazioni oggetto dell’agevolazione (deduzione del 20 per cento del costo di acquisto o di costruzione, da dare in locazione per otto anni).
In particolare, l’Agenzia delle Entrate ha dovuto precisare che:
- le abitazioni non devono essere obbligatoriamente costruite “da imprese di costruzione e da cooperative edilizie”. La circolare n. 27, infatti, precisa che, “rispetto all’originaria formulazione del suddetto art.21, nella quale venivano individuati quali soggetti cedenti le imprese di costruzione o ristrutturazione immobiliare, le cooperative edilizie o le imprese esecutrici degli interventi di recupero incisivo, l’attuale norma non pone alcun vincolo alla qualifica del soggetto cedente”. A supporto di tale precisazione Sul tema, neanche il DM attuativo dell’8 settembre 2015 ha imposto una specifica qualifica in capo al cedente, cosicché si può ritenere che il beneficio è riconosciuto a prescindere dal soggetto cedente l’unità immobiliare;
- “la destinazione alla locazione per otto anni è rispettata” quando il contratto prevede tale durata in base all’accordo fissato tra le parti, ovvero se la legge prevede una proroga di diritto almeno fino a otto anni. Stante quanto previsto dalla circolare n. 27/E innanzi citata, sono validi:
- i contratti a canone “libero” stipulati per 4 anni, ma prorogabili ex lege per altri ulteriori 4 anni;
- i contratti a canone concordato aventi durata pari a “sei più due” anni che consente “alla prima scadenza” di prorogare il contratto “di diritto” fino al raggiungimento dell’ottavo anno.
Massimo D’Amico – Centro Studi CGN