Che tipo di reddito si dichiara se l’inquilino non rilascia l’immobile?

Spesso capita che nonostante il contratto di locazione sia scaduto, l’inquilino continui ad occupare l’immobile. In questi casi, quale reddito fiscale si configura?

Come per tutte le considerazioni d’ordine fiscale, si deve iniziare dalla disposizione civilistica del caso esaminato.

Per le situazioni ipotizzate, l’articolo del codice civile di riferimento è il n. 1591 “Danni per ritardata restituzione” che nell’ambito del Libro IV – dei singoli contratti – testualmente dispone: “Il conduttore in mora a restituire la cosa è tenuto a dare al locatore il corrispettivo convenuto fino alla riconsegna, salvo l’obbligo di risarcire il maggior danno”.

La situazione che si vuole considerare nel presente articolo è:

  • contratto di locazione scaduto;
  • inquilino che continua ad occupare l’immobile.

Per il caso trattato, l’Agenzia delle Entrate si è pronunciata diverse volte, in modo chiaro (principalmente Risoluzione n. 154/E del 21.7.2003 – Circolare n. 43/E del 9.7.2007) trattando delle imposte di registro e di bollo.

Le argomentazioni dell’Amministrazione Finanziaria però sono di ampio respiro e chi scrive ritiene che possano essere utili nell’affrontare gli altri aspetti fiscali della questione.

Sostanzialmente, scaduto il termine contrattuale della locazione, bisogna distinguere due situazioni:

  1. quella nella quale l’inquilino continua ad occupare l’immobile con il consenso del proprietario (in attesa della tacita od esplicita intenzione di proseguire nel rapporto locatizio);
  2. quella nella quale invece l’occupazione dell’immobile è per così dire forzata, perchè il proprietario dovrà avviare le procedure legali necessarie per ottenere la liberazione dell’immobile.

In entrambi i casi, il proprietario avrà diritto ad avere corrisposta una somma.

A tal proposito la Corte di Cassazione, con sentenza n. 497 del 20.1.1984, ha precisato che il canone che il conduttore, ai sensi dell’art. 1591 del codice civile, è tenuto a corrispondere per legge, per il periodo successivo alla cessazione del rapporto di locazione in cui permanga nella disponibilità dell’immobile, va commisurato al corrispettivo convenzionale, come convenuto dalle parti. È salvo l’obbligo di risarcire il maggior danno.

Quindi ben si potrà fare riferimento al pregresso canone di locazione per commisurare l’importo della successiva indennità di occupazione.

Ma ritornando alle considerazioni esposte ai precedenti punti 1 e 2, le citate pronunce dell’Agenzia delle Entrate conducono a concludere che:

  • nel caso n. 1, l’occupazione dell’immobile non è da considerarsi senza titolo, perchè è evidente la volontà delle parti di continuare il rapporto locatizio oppure di rinnovarlo. La natura del rapporto rimane la stessa: locazione contro corrispettivo;
  • nel caso n. 2, invece, l’atteggiamento del proprietario che contesta l’occupazione dell’immobile stante l’avvenuta scadenza del contratto, denota la volontà della cessazione definitiva del rapporto locatizio. In questo caso, l’importo dovuto a titolo di occupazione assume la connotazione del risarcimento.

A parere di chi scrive, le conclusioni dell’Amministrazione Finanziaria in tema di applicazione dell’ imposta di registro e cioè:

  • l’usuale misura del 2% dovuta per i contratti di locazione, nel caso n. 1;
  • la misura del 3% dovuta per atti aventi ad oggetto prestazioni a contenuto patrimoniale non diversamente considerati, nel caso n. 2 si riflettono ai fini della dichiarazione dei redditi.

Pertanto, a parere di chi scrive, le somme saranno dichiarate:

  • nel caso n. 1 nel quadro RB – redditi dei fabbricati;
  • nel caso n. 2 nel quadro RL – altri redditi.

Dott. Rag. Giuseppina Spanò –  Palermo