Che cosa fare quando il contribuente si ritrova con un’omissione o una difformità, segnalata dall’INPS, nella sua attestazione ISEE? In questo articolo vediamo quanto esposto dalla normativa e forniamo alcuni consigli operativi.
Il D.P.C.M. 159 del 5 dicembre 2013, regolamento concernente la revisione delle modalità di determinazione e i campi di applicazione dell’Indicatore della situazione economica equivalente, ha normato il nuovo ISEE, in vigore da gennaio 2015, introducendo nel contempo le procedure per il controllo automatizzato delle informazioni relative all’esistenza di rapporti patrimoniali. La domanda più frequente riguarda la gestione delle DSU che riportano, in calce all’attestazione calcolata dall’INPS, le paventate annotazioni. Vediamo quindi di seguito quanto disposto dalla normativa e quali sono le possibili soluzioni.
Il comma 2, art. 11 D.P.C.M. 159/2013, specifica quanto è previsto che venga trasmesso direttamente dall’Agenzia delle Entrate all’INPS; si tratta non solo delle informazioni che non sono ricomprese nell’elenco dei dati non autodichiarati, ma anche di:
- rapporti di cui all’art. 7, comma 6, del Decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 605;
- valore sintetico delle componenti il patrimonio mobiliare di cui all’art. 5, comma 4, del Decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 605.
Per quanto riguarda i predetti dati autodichiarati, di cui all’art. 10, commi 7 e 8, D.P.C.M. 159/2013, che fanno riferimento ad esempio alla composizione del nucleo familiare, alle eventuali condizioni di disabilità e non autosufficienza e alle componenti del patrimonio mobiliare indicate all’art. 5, comma 4, l’Agenzia delle Entrate non dispone altresì di informazioni utili. È previsto pertanto che l’INPS possa avvalersi della consultazione degli archivi di quelle altre amministrazioni pubbliche che trattano redditi a tal fine rilevanti, rispettando naturalmente le normative vigenti.
L’attestazione ISEE (art. 11, comma 4, D.P.C.M. 159/2013), che viene predisposta quindi in funzione dei dati autodichiarati dal contribuente, delle informazioni fornite dall’Agenzia delle Entrate e degli elementi già presenti negli archivi INPS, riporta analiticamente anche le eventuali difformità e/o omissioni che emergono dal confronto con quanto presente in anagrafe tributaria e dai controlli automatici dell’INPS stesso.
La gestione della DSU riportante annotazioni può prevedere diversi scenari; uno tra questi è che il soggetto richiedente la prestazione decida di consegnare comunque la dichiarazione all’ente erogatore. In tal senso è normativamente previsto che quest’ultimo soggetto possa per proprio conto procedere ai controlli che ritenga necessari al fine di accertare la veridicità dei dati e, nel caso in cui riscontri dichiarazioni non veritiere, provvedere ad ogni adempimento che ne consegua.
Qualora, al contrario, il contribuente decida di risolvere la problematica riscontrata, è previsto dall’art. 11, comma 7, D.P.C.M. 159/2013 che il dichiarante possa, entro il termine di 10 giorni dal ricevimento delle annotazioni INPS, produrre per iscritto osservazioni e documenti a supporto nel caso in cui rilevi inesattezze in merito a quanto notificatogli; è altresì possibile, in riferimento alla sola componente reddituale, compilare un modulo integrativo con il quale contestare i dati derivanti dagli archivi INPS e AdE.
A tal fine comunque, è consigliabile, anche per un’operatività immediata atta ad evitare di perdere inutilmente del tempo prezioso, predisporre una nuova DSU utile a sanare definitivamente la situazione, che semplicemente andrà a sostituire quanto precedentemente presentato.
Marika Magro – Centro Studi CGN