Nel corso degli ultimi anni sono state diverse le modifiche intervenute sulla disciplina dei componenti negativi derivanti da operazioni effettuate con imprese situate in Stati/territori rientranti nell’elenco dei Paesi blacklist, tanto che si è passati dalla totale indeducibilità alla deducibilità piena di tali costi. Analizziamo qui di seguito l’evoluzione della disciplina.
Normativa in vigore fino al 2014
L’art. 10, commi 10-12 bis, del TUIR, dispone l’indeducibilità dei costi blacklist, a meno che l’impresa residente in Italia non dimostri che l’azienda estera svolga un’attività commerciale (prima esimente) o che le operazioni abbiano un reale interesse economico e siano state concretamente attuate (seconda esimente). In quest’ultimo caso, tali costi devono essere indicati separatamente in dichiarazione dei redditi (righi RF29/RF52, variazione in aumento e in diminuzione, in caso di azienda in regime ordinario e RG21 in caso di azienda in regime semplificato). L’inosservanza di tale disposizione comporta l’irrogazione di una sanzione pari al 10% dell’importo dei costi non indicati (con limite minimo di € 500 e massimo di € 50.000).
Normativa in vigore per l’anno 2015
Il Decreto Internalizzazione, D.Lgs. 147/2015, prevede la piena deducibilità dei costi blacklist nel limite del loro valore normale, purché le operazioni siano legate ad un reale interesse economico e siano state concretamente attuate. Per valore normale si intende “il prezzo o corrispettivo mediamente praticato per i beni e i servizi della stessa specie o similari, in condizioni di libera concorrenza e al medesimo stadio di commercializzazione, nel tempo e nel luogo in cui i beni o servizi sono stati acquisiti o prestati, e, in mancanza, nel tempo e nel luogo più prossimi” (art. 9 del Tuir). Rispetto alla precedente normativa, viene quindi abrogata la prima esimente. Rimane, comunque, l’obbligo di indicare separatamente in dichiarazione dei redditi tali costi.
Normativa in vigore a partire dal 2016
Con la legge di stabilità 2016 (L.208/2015) si ha l’abrogazione della disciplina precedente (commi da 10 a 12 bis dell’art. 110 del Tuir) e l’introduzione della totale deducibilità dei costi blacklist purché in rispetto dei caratteri generali sulla deducibilità dei costi, ossia competenza, inerenza e iscrizione a conto economico (art. 109 del TUIR). Viene abrogata la separata esposizione dei costi in Unico e, di conseguenza, l’apparato sanzionatorio in assenza di tale indicazione. Questa disciplina si applica a partire dall’anno 2016 per le aziende con esercizio solare, mentre per quelle infrannuali la disciplina si attua a partire dall’esercizio successivo a quello in corso al 31.12.2015.
La L. 208/2015 introduce, inoltre, un’ulteriore modifica rilevante: l’individuazione dei Paesi blacklist non è più demandata ad un elenco apposito, ma sono considerati Paesi blacklist tutti quegli Stati nei quali il livello nominale di tassazione è inferiore al 50% di quello applicabile in Italia.
Sicuramente le imprese italiane hanno accolto favorevolmente la disciplina introdotta dalla legge di stabilità 2016, che consente loro di agire liberamente anche nei confronti delle aziende residenti in Paesi blacklist.
Questo, almeno, fino alla prossima novità normativa.
Elisa Fontana – Centro Studi CGN