Il fisco dice addio agli studi di settore! Arriva l’indicatore di compliance. È questa la notizia resa nota qualche settimana fa dal Ministero dell’Economia e delle Finanze sul proprio sito web. Ma cosa cambia per i contribuenti italiani interessati agli studi di settore? E cosa comporta l’abolizione degli studi di settore?
L’abolizione degli studi di settore comporterà la graduale introduzione di un nuovo strumento di accertamento per i redditi e per il calcolo dell’importo da versare al fisco: l’indicatore di compliance.
Cosa è l’indicatore di compliance?
L’indicatore di compliance è un dato sintetico che consentirà di stabilire, su una scala da uno a dieci, qual è il grado di affidabilità del contribuente.
L’indice verrà tarato sulla base dell’attività economica svolta dal contribuente in maniera prevalente, tenendo conto delle specificità e delle particolarità di ogni attività. Dall’elaborazione statistico-economica dei dati dichiarati dal contribuente, l’indicatore assegnerà un grado di affidabilità al contribuente.
E quale è la differenza quindi tra gli studi di settore e l’indicatore di compliance?
Gli studi di settore sono stati partoriti per essere uno strumento utilizzabile per valutare la capacità di produrre ricavi e conseguire compensi dalle singole attività economiche e sono stati realizzati tramite la raccolta sistematica di dati di carattere fiscale e di tipo strutturale che caratterizzano l’attività e il contesto economico in cui l’attività si svolge.
Essi rilevano, per ogni singola attività economica, le relazioni esistenti tra le variabili contabili e quelle strutturali, sia interne che esterne all’azienda o all’attività professionale.
Per la loro elaborazione sono state utilizzate tecniche statistico-matematiche che hanno operato sui dati contenuti in questionari inviati precedentemente e che i contribuenti hanno restituito all’Amministrazione Finanziaria.
L’indicatore di compliance verrà invece utilizzato per stabilire il grado di affidabilità del contribuente. In buona sostanza, i dati sulle attività imprenditoriali e professionali confluiranno in una vera e propria scheda valutativa del contribuente.
Rispetto agli studi di settore tradizionali, l’indicatore di compliance introduce diversi elementi di innovazione quali il valore aggiunto, il reddito d’impresa, gli ultimi anni di storia dell’imprenditore o del professionista e l’andamento ciclico del mercato.
Con l’abolizione degli studi di settore e con l’introduzione dell’indicatore di compliance saranno inoltre introdotte delle misure agevolative per i contribuenti che raggiungeranno un grado elevato di affidabilità.
In particolare, viene favorito un sistema premiale che prevede l’esclusione da alcuni tipi di accertamento, una riduzione del periodo di accertabilità e una corsia preferenziale accelerata per i rimborsi fiscali.
I motivi che spingono il fisco ad abbandonare gli studi di settore sono legati al fatto che questi ultimi presumono un’attività economica normale che segue gli indicatori individuati dalle statistiche adottate per ciascuna categoria.
A causa però di questa lunga fase di instabilità economica dovuta all’attuale crisi economica e finanziaria non è più possibile stimare la normalità e quindi l’applicazione degli studi di settore appare sempre più problematica.
Il nuovo strumento basato su un diverso processo metodologico rispetto ai superati studi di settore dovrebbe invece consentire un alto grado di affidabilità, una maggiore stabilità nel tempo e una maggiore semplificazione degli adempimenti.
Antonino Salvaggio – Centro Studi CGN
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