L’art. 29 del D.Lgs. 546-1992 prevede che più ricorsi aventi lo stesso oggetto o fra loro connessi possano essere riuniti per la discussione congiunta, ma può essere deciso diversamente. Ecco come.
Come è noto, nel nostro sistema tributario, il regime di tassazione per trasparenza (artt. 5 – 116 del TUIR) implica che il reddito prodotto da:
- società di persone
- società di fatto
- associazioni tra professionisti
- società a responsabilità limitata a ristretta base societaria (su opzione)
venga imputato ai soci
- indipendentemente dalla percezione
- in proporzione alla quota di partecipazione agli utili.
Conseguentemente, ogni rettifica eseguita su questa tipologia di reddito in capo alla società si riflette sul reddito dichiarato dai singoli soci, ai fini dell’imposizione IRPEF e addizionali regionali e comunali.
Ove per esempio, un atto di accertamento emanato dall’Agenzia delle Entrate nei confronti di società e soci, come sopra ipotizzato, venga impugnato dinanzi alla Commissione Tributaria Provinciale, saranno presentati sia il ricorso per conto della società che quello per conto dei soci.
Dato lo stesso ambito oggettivo e il nesso soggettivo della questione, è logico che tutti i ricorsi vengano discussi, e quindi, decisi insieme.
A conferma di ciò, nella parte iniziale della normativa che regola il processo tributario (D.Lgs. 546-1992) si nota l’art. 29 che tratta della “Riunione dei ricorsi”.
Esso prevede che in qualunque momento, con decreto, il Presidente della Sezione della Commissione Tributaria adita dispone la riunione dei ricorsi sopra ipotizzati, assegnati alla sezione che egli presiede. Si ritiene che una eventuale richiesta di parte possa essere ben accolta.
La riunione, per evitare la formazione di giudicati diversi e per una migliore economia processuale, avviene per i ricorsi che hanno lo stesso oggetto o sono connessi fra loro, lasciando alla discrezionalità del Giudice l’esame dei presupposti di tale connessione (Circolare n. 98/E Dir. AA GG e cont. trib. del 23.4.1996).
Il Presidente della Commissione, ove i processi pendano innanzi a Sezioni diverse,
- d’ufficio
- o su istanza di parte
- o su segnalazione dei Presidenti di sezione
determina con Decreto la Sezione davanti alla quale i processi devono proseguire, in modo che in seno a quest’ultima si provveda a riunire i ricorsi.
Nonostante il provvedimento di cui sopra appaia scontato, il comma 3 del predetto art. 29 del D.Lgs. n.546-1992 prevede il da farsi nel caso in cui tale decisione sia ritenuta inopportuna.
Infatti, il Collegio giudicante, ove rilevi che la riunione dei ricorsi ritardi o renda più gravosa la loro trattazione, può, con ordinanza che deve essere motivata, disporne la separazione.
Dott. Rag. Giuseppina Spanò – Palermo