Una delle novità contenute nella cosiddetta manovrina (D.L. n. 50/2017 pubblicato in GU del 24 aprile 2017) è rappresentata dalla variazione in aumento del valore della lite, da euro 20.000 a euro 50.000, che rende obbligatorio il reclamo mediazione nell’ambito del processo tributario. In questo articolo, ripercorriamo i tratti salienti dell’istituto del reclamo, che avrà un utilizzo sempre più diffuso.
L’istituto del reclamo mediazione è annoverato tra gli istituti deflattivi ed è disciplinato dall’art. 17-bis del D.Lgs 546/1992. Si tratta di uno strumento con il quale il contribuente destinatario di un atto di contestazione da parte dell’ente impositore, prima di rivolgersi al giudice tributario, chiede in via preliminare all’ente stesso di riesaminare l’atto attraverso il reclamo, esponendo le stesse ragioni del ricorso tributario ed accompagnando tale richiesta con una proposta di accordo (mediazione).
Con la novità in commento il legislatore amplia da 20.000 euro a 50.000 euro il valore della controversia al disotto del quale è obbligatoria la procedura del reclamo. È una novità che si applicherà agli atti impugnabili notificati a decorrere dal 1° gennaio 2018. Sulla data di decorrenza è il caso di richiamare la circolare dell’Agenzia delle Entrate n. 9/E/2012 nella quale viene precisato che occorre prendere in considerazione la data in cui il contribuente riceve la notifica dell’atto e non la data di spedizione da parte dell’Amministrazione finanziaria. Un’altra precisazione importante ai fini dell’applicazione del reclamo è il valore della lite che è dato dall’imposta contestata nell’atto impositivo ricevuto senza considerare interessi e sanzioni. Se l’atto ricevuto irroga solo sanzioni, il valore della lite è, invece, rappresentato dal valore di queste ultime.
L’ambito applicativo, riformato dal D.Lgs. 156/2015, resta immutato e qui di seguito si richiamano i provvedimenti che possono essere oggetto di reclamo e mediazione:
- atti emanati dall’Agenzia delle Entrate;
- atti emessi dall’Agenzia delle dogane e dei monopoli;
- atti emessi dagli enti locali (es. Comuni);
- atti emessi dagli agenti e dai concessionari della riscossione (es. Equitalia);
- atti emessi dai soggetti iscritti nell’albo di cui all’articolo 53 del D.Lgs. n. 446 del 1997 (altri soggetti che gestiscono le entrate comunali, ad esempio, Pubbliservizi);
- atti riguardanti le controversie in materia catastale.
Continuano a rimanerne esclusi:
- gli atti di valore superiore alla soglia consentita (20.000 euro che dal 1° gennaio 2018 diventano 50.000 euro);
- gli atti di provvedimenti aventi ad oggetto “Sanzioni accessorie” (emessi ai sensi dell’art. 21 del D.Lgs. n. 472/1997);
- gli atti riguardanti istanze ipoteca e sequestro conservativo (di cui all’articolo 22 del D.Lgs. n. 472/1997).
Anche il procedimento di reclamo mediazione resta confermato nei suoi tratti essenziali. Quando si presenta un ricorso in Commissione tributaria, di norma lo si notifica all’ente impositore (per esempio Agenzia delle Entrate, Comune) entro 60 giorni e si provvede al suo deposito in Commissione tributaria entro i successivi 30 giorni. Entrambi gli adempimenti sono previsti a pena di decadenza. Qualora si tratti di un atto reclamabile, il contribuente deve notificare il ricorso sempre entro 60 giorni ma, prima di depositarlo in Commissione tributaria, deve attendere altri 90 giorni. In pratica, il termine per il deposito in Commissione tributaria è di 120 giorni dalla notifica del ricorso (90 più 30), e non di 30.
In questo lasso di tempo l’ente (parte resistente) espleta l’attività di reclamo mediazione ed, il ricorrente, prima di costituirsi in giudizio procedendo con il deposito del ricorso in commissione tributaria, deve attenderne il decorso.
Con le modifiche apportate dal D. Lgs. 156/2015, è il caso di sottolineare che non è più obbligatorio presentare insieme al ricorso una formale proposta di mediazione, poiché la presentazione del ricorso produce automaticamente il procedimento di reclamo con facoltà, per il contribuente, di inserirvi la proposta di mediazione con rideterminazione dell’ammontare della pretesa.
L’istanza può concludersi con:
- l’accoglimento totale o parziale del reclamo mediazione che porta alla chiusura della lite con il fisco;
- il rigetto del reclamo mediazione che prevede l’obbligo in capo all’ente impositore di notificare il provvedimento di rigetto con le motivazioni.
Il ricorrente può accettare il provvedimento, oppure, se insoddisfatto dell’esito, continuare il contenzioso, costituendosi in giudizio e depositando, quindi, il ricorso in Commissione tributaria.
Nicolò Cipriani – Centro Studi CGN