Come viene disciplinata la tassazione degli immobili all’estero? Quali sono gli adempimenti a carico del soggetto fiscalmente residente? Quali sono le modalità previste dalla legge per evitare la doppia imposizione?
L’art. 3 del Tuir afferma che l’imposta sui redditi delle persone fisiche si applica sul reddito complessivo che, per i soggetti residenti, è costituito da tutti i redditi ovunque percepiti, mentre per i soggetti non residenti è costituito dai redditi prodotti in Italia. Da questo assunto ne consegue che la persona fisica residente in Italia verrà tassata anche sui redditi conseguiti dagli immobili situati all’estero. Al contrario, per le persone fisiche non residenti, vige il principio della tassazione dei soli redditi prodotti nel territorio dello Stato, come indicato dall’art. 23 del Tuir.
Il possesso dell’immobile all’estero da parte del soggetto fiscalmente residente fa sorgere in capo allo stesso degli adempimenti formali in Italia, quali ad esempio la compilazione del quadro RW al fine del monitoraggio fiscale. Sul punto si segnala che, a seguito del D.L. n. 193/2016, sono esonerati dall’obbligo di indicazione nel quadro RW gli immobili per i quali non sono intervenute variazioni nel corso dell’anno d’imposta. Le istruzioni affermano, infatti, che la compilazione avverrà solamente in fase di acquisto dell’immobile ovvero nel momento nel quale interverranno delle variazioni, fatto salvo il caso di versamento dell’Ivie, per il quale è necessaria la compilazione del quadro RW.
Il reddito conseguito dagli immobili all’estero non riveste, nella dichiarazione italiana, la natura di “reddito fondiario”, bensì la natura di “reddito diverso” (da indicare nel quadro D del modello 730 ovvero RL del modello Unico) come previsto dall’art. 67, comma 1, lett. f) Tuir.
In base a quanto disposto dal comma 2 dell’art. 70 Tuir, in analogia a quanto avviene per gli immobili locati soggetti ad imposizione nello stato estero, il reddito imponibile in Italia è pari all’ammontare netto risultante dalla valutazione effettuata nello Stato estero per il corrispondente periodo di imposta o, in caso di difformità dei periodi di imposizione, per il periodo di imposizione estero che scade nel corso di quello italiano.
Se gli immobili tenuti a disposizione sono soggetti a tassazione nello stato estero, il contribuente dovrà dichiarare in Italia l’ammontare netto risultante dalla valutazione effettuata nello stato estero.
Si precisa che, nel caso in cui per l’immobile sia dovuta l’Ivie, si beneficerà dell’effetto sostitutivo Irpef-Ivie: l’immobile non sarà soggetto ad Irpef e il relativo reddito dovrà essere riportato nella colonna “Reddito fondiario non imponibile”.
Se l’immobile tenuto a disposizione non è sottoposto ad alcuna tassazione nello stato estero, non produce reddito imponibile nemmeno in Italia (in tal caso si dovrà verificare la compilazione del quadro RW per il versamento dell’Ivie).
Per quanto riguarda il regime di tassazione degli immobili locati all’estero varia a seconda che:
- i canoni di locazione siano tassati nello stato estero;
- i canoni di locazione non siano tassati nello stato estero.
Nel primo caso il reddito imponibile in Italia risulta pari all’ammontare netto risultante dalla dichiarazione estera senza alcuna decurtazione delle spese per il corrispondente periodo di imposta o, in caso di difformità dello stesso, per il periodo di imposizione estero che scade nel corso di quello italiano; andrà pertanto indicato l’ammontare netto dichiarato in detto Stato (al netto, cioè, delle spese strettamente inerenti eventualmente ivi riconosciute).
Nel secondo caso, invece, i redditi dei fabbricati non soggetti ad imposte sui redditi nello stato estero concorrono a formare il reddito imponibile in Italia per l’ammontare percepito nel periodo di imposta ridotto del 15%.
Il legislatore, per mitigare l’eventuale imposta che il contribuente italiano deve versare all’estero per il possesso dell’immobile, prevede l’attribuzione del credito d’imposta per tali imposte estere divenute certe e definitive.
In ambito convenzionale, l’art. 6 del modello OCSE prevede che “i redditi derivanti da beni immobili […] sono imponibili nello Stato contraente in cui detti beni sono situati”. Il principio generale è pertanto quello della “tassazione in base al luogo di ubicazione dei beni” (fonte di produzione del reddito) e a tale principio fanno riferimento la quasi totalità delle convenzioni sottoscritte dall’Italia.
La norma non afferma nessun principio di esclusività del potere impositivo per uno Stato e di contemporanea rinuncia da parte dell’altro Stato, così come invece si ricaverebbe se nella norma venisse inserito l’avverbio “soltanto”; pertanto la regola generale consiste nel potere impositivo concorrente tra gli Stati interessati (ovverosia lo Stato dove si trova l’immobile e lo Stato in cui risiede il contribuente), con potenziale doppia imposizione a carico del contribuente.
Le concrete modalità di eliminazione della doppia imposizione sono disciplinate dall’art. 23 dello stesso Modello OCSE che propone agli Stati contraenti di optare tra le due possibilità di cui agli artt. 23a e 23b (si precisa che tali articoli sono presenti nella versione generica del modello convenzionale).
Il primo articolo prevede il metodo cosiddetto dell’esenzione, nelle due varianti dell’esenzione totale e dell’esenzione progressiva.
Il secondo prescrive il metodo del credito d’imposta ordinario, sulla base del quale lo Stato di residenza di un soggetto che percepisce un reddito imponibile nell’altro Stato, nel momento in cui quest’ultimo esercita (sullo stesso reddito) la propria potestà impositiva, deve accordare al dichiarante una detrazione dall’imposta sul reddito complessivo per un importo pari all’imposta pagata nell’altro Stato.
Marco Beacco – Centro Studi CGN